Era il mese di giugno 2009, e Berlusconi era quotidianamente sulle pagine di cronaca mondiali per la sua vita dissoluta, le frequentazioni particolari, spesso con minorenni (ricordate la giovane Noemi di Napoli, allora minorenne?), le Olgettine, Patrizia Daddario, e “amenità” varie dello stesso tipo; azioni che pure Veronica Lario, la moglie, pubblicamente denunziò con una lettera a Repubblica, iniziando così l’iter della separazione che si concluse con un vitalizio miliardario che Berlusconi deve erogare alla sua ex consorte.
In quella occasione, come in tantissime altre, Berlusconi era sulla cresta della cronaca grazie alle azioni che i giudici intentavano continuamente contro di lui.
E proprio in occasione della vicenda della minorenne napoletana Noemi Letizia che Repubblica rivolse a Berlusconi gli oramai famosi, eppure quasi dimenticati, dieci quesiti:
1) Come e quando ha conosciuto Noemi Letizia?
2) Nel corso di questa amicizia, quante volte vi siete incontrati e dove?
3) Come descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto “Elio” Letizia?
4) Quando ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?
5) Quante volte ha avuto modo di incontrare Noemi Letizia e dove?
6) Perché ha discusso delle candidature con Letizia che non è neanche iscritto al Pdl?
7) Lei si occupa di Noemi e del suo futuro e sostiene economicamente la sua famiglia?
8) E’ vero che ha promesso a Noemi di favorire la sua carriera nello spettacolo o in politica?
9) Veronica Lario ha detto che lei “frequenta minorenni”. Ce ne sono altre che incontra o “alleva”?
10) Sua moglie dice che non sta bene e che andrebbe aiutato. Quali sono le sue condizioni di salute?
Domande che sembrarono alquanto provocatorie, ma che erano ritenute legittime in quanto il destinatario, Presidente del Consiglio, uomo delle Istituzioni, avrebbe dovuto sentirsi obbligato ad agire “con disciplina e onore”, come prevede l’art. 54 della nostra Costituzione, obblighi verso i quali non è mai stato tanto propenso.
Berlusconi, ovviamente, si risentì, bollando quelle domande come “capziose e suggestive”, e querelò “La Repubblica” e i suoi giornalisti chiedendo anche 1 miliardo di euro di danni.
Poi è andata com’è andata: Berlusconi oramai è quasi scomparso dalle cronache quotidiane, la sua destra è oramai quasi inesistente, e se non fosse per le intemperanze di Brunetta, probabilmente nessuno parlerebbe più né di Berlusconi né di Forza Italia.
Ma la giustizia, sebbene lentamente (a volte con eccessiva lentezza), fa sempre (o almeno dovrebbe fare) il suo corso, e sia i giudici di primo grado che quelli di appello, hanno respinto le richieste di Berlusconi.
In particolare i giudici dell’appello, con sentenza di pochi giorni fa, hanno sentenziato che quelle domande erano lecite in quanto fondate su fatti veri e motivate “dal pubblico interesse dei cittadini a conoscere di quale reputazione godesse all’estero Berlusconi quando era a capo del governo”.
E hanno aggiunto: “L’ex premier ha torto perché è lecito che una testata giornalistica reiteri domande su circostanze di grande importanza anche politica sul personaggio che guida la nazione”.
Nessuna responsabilità, ma anzi un merito, per Ezio Mauro, che in quegli anni dirigeva Repubblica , e che Berlusconi aveva citato in giudizio.
“Ha fatto il suo mestiere quando ha riferito le critiche della stampa straniera, non inventandosi nulla ma riferendo puntualmente i contenuti di quegli articoli e ha dato conto di un giudizio che veramente si stava diffondendo sul capo del governo italiano sulle pubblicazioni estere”.