scritto da Rosa Montoro - 14 Agosto 2023 10:10

La morte rende umani

Michela Murgia, scrittrice, drammaturga, opinionista e critica letteraria, ha lasciato che l’Accabadora calasse le sue palpebre, lasciando scivolare il velo di pietasche a tutti gli esseri umani è dovuto. Nella sua concezione l’Accabadora ci aiuta trovare la porta per liberare l’anima.

Nell’Aleph di Borges l’immortalità è un labirinto senza senso: lunghi corridoi dove vagano fantasmi, dove impera il buio e le ombre. Solo la morte dà senso alla vita e Michela lo sa lo dicono i suoi scritti che non ha mai abbandonato, o meglio ancora rinnegato, la cultura rurale della dalla quale proveniva e dove nessuno dimentica la morte.

Nel romanzo che l’ha resa famosa Accabadora,Torino Einaudi 2009, vincitore del Premio Campiello, i rituali di consapevolezza ed elaborazione del lutto sono simili a quelli a cui abbiamo potuto assistere nella nostra cultura contadina, accompagnano il processo di restituzionedel corpo a chi lo ha originato, accompagnano il ritorno nel punto dove tutto inizia e finisce, il rituale di aprire la porta e liberare l’anima, lasciando l’immagine terrena.

Non dimenticare la morte ci rende umani, perché è lei a generare il tempo e la storia: anni, giorni, ore, minuti, che compongono il racconto. Separare, definire, aprire e chiudere la porta, la nostra vita non è un labirinto, è una linea retta, è una storia che finisce con una morale Michela ho voluto figli naturali ma i figli d’anima, figli che condividono il racconto, figli a cui lasciamo la sua storia e tutti i principi che ne conseguono. I suoi figli dell’anima porteranno avanti tutti i suoi discorsi e come diceva Cesare Pavese “… l’uomo ha d’immortale il ricordo che lascia …”.

Quando ero bambina (anch’io sono cresciuta in un ambiente rurale) la morte di un familiare era un atto liberatorio per tutti, perché tutti dovevano lasciarlo andare, aiutarlo a liberarsi dell’immagine terrena coprendo gli specchi, dove l’anima poteva rimanere prigioniera e dovevano aprire le porte perché l’anima volasse via.Chi piangeva il morto a mezzanotte usciva e lo lasciava andare in pace. Dopo aver restituito il corpo alla Terra si tornava a casa i vicini cucinavano e si mangiava insieme.

La vita continuava da lì, da quel punto, dall’Aleph dove cominciano tutte le strade,tutti i cieli, tutti i linguaggio, tutte le porte e le soglie dove si entra e si esce.

Rosa Montoro è nata a Sarno e vive a Cava de’ Tirreni, laureata in Sociologia lavora in un ente pubblico, è sposata e ha due figlie. Ha ricevuto vari premi per la poesia, nel 2017 ha pubblicato "La voce di mia madre", una raccolta di poesie inserita nel catalogo online “Il mio libro” – Gruppo editoriale Espresso. Per la narrativa è stata premiata nel 1997 per il racconto "Il cielo di Luigino" pubblicato nel testo collettaneo “Nuovi narratori campani” dell’editore Guida di Napoli. Lo stesso editore ha pubblicato nel 2000 il romanzo breve "Il silenzio della terra" premiato nel 2001 al Concorso Europeo di narrativa “Storie di Donne” FENAL circoli europei liberi, secondo premio. Infine, "Il Circolo degli illusi", edito da Oedipus - 2018.

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