La fretta e la confusione più pericolose del coronavirus
I timori e il dolore per le tante perdite provocate dal coronavirus stanno in questi ultimi giorni cedendo il posto ad altre sensazioni. Non meno sgradevoli e, per certi versi, non meno preoccupanti.
Parliamo, in primo luogo, della fretta di porre fine al lockdown, o quanto meno, alle restrizioni più stringenti per avviare la cosiddetta fase 2, quella della ripresa. E’, questa, indubbiamente una necessità, soprattutto per non annientare del tutto il nostro sistema economico e produttivo. Tuttavia, riesce difficile comprendere che ad avere più fretta di chiunque altra sia la regione Lombardia, dove si continua a morire per l’infezione da coronavirus.
Vero è che la Lombardia è il principale motore produttivo del Paese, ma il rischio è di rendere inutili tutti i sacrifici fatti finora. In breve, come diceva qualcuno, la fretta è del diavolo.
La fretta, comunque, di riaprire e riprendere le attività la si registra comprensibilmente in tutto il Paese ed è più che legittima, ma la sensazione è che al riguardo le idee siano poche chiare e che manchi ad oggi un piano, una vera e propria exit strategy dall’emergenza coronavirus. A preoccupare, insomma, più che la fretta e il timore di non adottare le giuste cautele, è soprattutto l’assenza, ad oggi, di certezze sul come procedere una volta entrati nella cosiddetta fase 2.
E veniamo alla seconda spiacevole sensazione di questi ultimi giorni. Parliamo della confusione. A tutti i livelli. Dal governo centrale alle regioni, le quali procedono allegramente in ordine sparso nel caos più totale.
Una confusione, innanzi tutto, da parte del governo, che raggiunge il top quando si rincorrono voci di riaperture di bar e ristoranti dal 4 maggio, mentre è ormai quasi certo che le scuole non riapriranno se non a settembre. C’è una logica in tutto ciò? Sì, quella della confusione.
Con le regioni arriviamo agli oscar del “disordine organizzato”: Lombardia e Veneto vogliono riaprire subito tutto, la Campania annuncia di chiudere i confini a lombardi e veneti, mentre la Puglia invita a prenotare un posto al sole sulle spiagge pugliesi per la prossima estate. Più confusione di così!
A tutto ciò si aggiungono le voci, sempre più insistenti e realistiche, di un governo Conte indebolito da contrasti al suo interno e ormai prossimo al naufragio. Il problema, visto che alle elezioni proprio non si può andare di questi tempi, è quale possa essere una concreta prospettiva futura. Un governo tecnico presieduto da Draghi? Un esecutivo di unità nazionale o del presidente o di qualche altra formula? Mah, forse neanche una cartomante riuscirebbe a dare una risposta decentemente accettabile. E non vorremmo essere nei panni del presidente Mattarella se davvero sarà costretto a risolvere un simile guazzabuglio.
Un fatto è certo: il Paese avrebbe bisogno di un esecutivo costituito da persone autorevoli, credibili, competenti e qualificate. Ma come arrivarci? Non resta che confidare nella buona stella e in Mattarella.
In conclusione, oltre a quella da coronavirus, ora ci ritroviamo con una pandemia da confusione politico-istituzionale. E forse, quest’ultima, fa più paura del coronavirus.