Per il referendum si stanno muovendo massicciamente gli uomini e le donne dello spettacolo e della cultura, arruolati dai due opposti schieramenti del sì e del no alla riforma della costituzione voluta da Renzi.
Serve tutto ciò a recuperare davvero dei voti? Oddio, come qualsiasi altro cittadino, anche gli uomini della cultura hanno diritto e il dovere di dire la loro. Ma che il loro appoggio possa più o meno incidere in qualche modo sull’orientamento degli italiani qualche dubbio, e pure grande, c’è eccome. Non è da escludere, inoltre, che si potrebbe avere addirittura l’effetto contrario a quanto sperato. Anche perché, confessiamolo, ormai il livello di saturazione degli italiani per questa consultazione è già da un po’ salito a livelli più che alti e scarsamente sopportabili.
E’ vero, se fossi orientato a votare no, la scelta di Roberto Benigni per il sì la vivrei come un tradimento e il comico toscano lo classificherei tra gli opportunisti. Mi importerebbe poco, però, del sostegno al no di Fedez, Alba Parietti, Carlo Freccero o Piero Pelù. Mi verrebbe qualche dubbio, invece, sapere che gente dal calibro di Paolo Sorrentino, Ferzan Ozpetek, Umberto Galimberti, Gabriele Salvatores e Paolo Virzì, siano invece tra i sostenitori del sì. E mi dispiacerebbe trovare Zubin Mehta, Silvio Orlando, Alex Zanardi, Pierfrancesco Favino, Alessandro Preziosi, Fabio De Lugi, Beppe Fiorello e Luca Zingaretti impegnati anche loro per il sì, ma come Virgilio a Dante risolverei la cosa con un “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.
Se fossi orientato a votare sì, invece, confesso che sarei tentato di votare no sapendo che Michele Santoro, Paolo Crepet o Gad Larner sostengono anche loro il sì, ma non mi importerebbe un fico secco del sì di Ilaria D’Amico, Michele Placido o Federico Moccia. Oddio, mi dispiacerebbe che Andrea Camilleri, Erri De Luca, Leo Gullotta, Claudio Santamaria e Ficarra e Picone siano per il no, ma me ne farei una ragione.
Ad ogni modo, a prescindere che sostengano il no o il sì, continuerebbero comunque ad intrigarmi la bellezza carnale di Monica Guerritore, così come la prorompente avvenenza di Sabrina Ferilli, la freschezza di Cristiana Capotondi, la conturbante sensualità di Isabella Ferrari, l’eterno fascino di Stefania Sandrelli o la voce stupenda di Fiorella Mannoia. Allo stesso modo, continuerebbero a piacermi la simpatia di Massimo Ghini, la bravura strepitosa di Toni Servillo, la straripante comicità di Maurizio Crozza, e Caterina Caselli resterebbe un mito della gioventù ormai perduta .
Questo per dire che, in fondo, gli italiani voteranno a prescindere. Quella degli attori, cantanti e registi arruolati alle ragioni del sì e del no alla fine è solo un’americanata. E si è visto pure come è finito negli Usa con Trump, votato dagli americani nonostante l’avversione della stragrande maggioranza del mondo dello spettacolo, della cultura, delle università.
A proposito, non è che dal 5 dicembre avremo anche noi il nostro Trump? E chi sarà eventualmente il Trump in salsa locale?