Dopo la schiacciante e scioccante vittoria di Donald Trump su Illary Clkinton, che lo ha consacrato 45° presidente degli Stati Uniti d’America, qualche considerazione a caldo va fatta.
La prima considerazione da fare è che se c’è un grande sconfitto di questa vivace campagna elettorale non è certamente la candidata democratica ma tutti i sondaggisti che non ne hanno “azzeccata” una!
Analisi impietosa fatta anche da Radio 24, nella rubrica di Sebastiano Barisoni di ieri pomeriggio, supportato dal corrispondente da New York, Mario Platero, i quali hanno evidenziato come le grandi Agenzie di sondaggi, nonostante gli exit pool all’uscita dai seggi, si sono intestardite a dare vincente la Clinton, trascinando nel loro errore numerosi organi di stampa anche prestigiosi, che ad essi sono affiancati nella disfatta, e che ora, tutti insieme, si cospargono il cado di cenere: che sia l’ “orazione funebre” per tutti i manipolatori della credulità popolare?
La seconda considerazione da fare riguarda il grande spirito democratico di quel grande paese, capace della più grandi nefandezze derivanti da divisioni interne e razzismo ancora diffuso, ma anche delle più marcate manifestazioni d unità, sia politica che economica e sociale.
L’accettazione, senza se e senza ma, della sconfitta da parte del candidato perdente (oggi la Clinton) che si rende disponibile a collaborare con il vincitore e, all’atto pratico, non lo fa solo a parole, è una lezione che pochi paesi danno anche a noi italiani sempre pronti a buttare fango e a boicottare i vincitori delle elezioni, rendendo loro la vita politica un vero inferno; vedi le pene che oggi sta soffrendo il nostro Premier e non solo da parte delle opposizioni formate dagli altri partiti, ma perfino dalla minoranza del suo stesso partito. Altro esempio di grande democrazia ci viene pure dalla Germania, Paese nel quale ci si scontra aspramente durante le campagne elettorali, ma poi si governa uniti e senza bizzose scaramucce all’italiana.
La terza considerazione riguarda la simpatia, ampiamente ricambiata, che il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America nutre per Wladimir Putin, il potente Presidente russo che oggi, nel bene e nel male, è uno degli elementi più concreti e fattivi sullo scenario mondiale, e lo ha dimostrato più volte nell’esteso conflitto che insanguina il medio oriente, dando prova di abilità diplomatica ma anche di concretezza operativa.
La quarta considerazione riguarda il cambio radicale del vincitore rispetto al candidato alla presidenza. Il discorso di Donald Trump all’atto dell’insediamento sembra fatto da una persona totalmente diversa dal candidato Trump durante la campagna elettorale; allo sboccato, irritante, razzista, candidato, si è sostituito la figura pacata, rassicurante, coalizzante di un uomo che sembra esattamente l’opposto di quello che eravamo abituati a vedere fino all’altro ieri. E il discorso di insediamento è una efficace sintesi della totale inversione di orientamento di Trump Presidente rispetto al Trupm candidato.
E’ ovvio che ora il Presidente dovrà mantenere fede agli impegni assunti durante la campagna elettorale, ma certamente non potrà non mantenere fede alle dichiarazioni moderate fatte all’insediamento, comprendenti non solo la banale espressione “… sarò il presidente di tutti gli americani…” ; piuttosto “per quelli che hanno scelto di non sostenermi in passato sto arrivando da voi per guidarvi e ho bisogno del vostro aiuto, così possiamo lavorare insieme per unire questo nostro grande paese”.
E non può non far riflettere il richiamo a quel “nostro grande paese”, più volte ripetuto, simbolo di una identificazione di tutto il popolo in una realtà territoriale, economica e sociale che include tutti, nonostante le diversità derivanti dalla grande estensione territoriale e dalla diversità delle provenienze etniche e culturali, e che proprio per tale identificazione e spirito di collaborazione hanno fatto grande quel paese.