L’avvicinarsi del referendum confermativo della riforma costituzionale voluta dall’attuale Governo su delega del Parlamento, fissato per domenica 4 dicembre prossimo, sta dando un notevole impulso alle organizzazioni favorevoli o contrarie alle modifiche costituzionali che la legge ha introdotto, ma anche a tutte quelle che si proclamano neutrali ed il cui unico scopo è di dare tutte le possibili informazioni in maniera da far maturare nei cittadini una coscienza informata che consenta di votare con cognizione di causa.
E oltre ai “big” della politica, del giornalismo e dei commentatori politici, sono scesi in campo anche tanti altri, forse meno noti e rappresentativi a livello nazionale, ma certamente molto conosciuti a livello locale, che sempre più spesso vengono invitati a convegni, dibattiti, tavole rotonde per sostenere i loro punti di vista, le loro convinzioni, i loro orientamenti favorevoli o contrari, non sempre scevri da personalismi, antipatie o simpatie, e da motivazioni che in tanti casi non hanno nulla a che vedere con lo spirito della legge e con l’impatto positivo o negativo che essa avrà sull’azione delle Istituzioni e sul ritmo delle decisioni che ciascuna di esse deve assumere.
Io non so se Renzi ha fatto bene a dare al referendum il valore simbolico che gli ha attribuito, l’esito referendario ci dirà la verità.
Ma certamente il comportamento di Renzi, nel caso delle riforme costituzionali e del prossimo referendum, non è stato privo di errori, probabilmente derivanti dallo stato di tensione che oppositori esterni e interni hanno creato, e che hanno certamente logorato il Premier: specialmente di quelle minoranze PD che, pure non riuscendo ad esprimere una forza politica autonoma, con le loro azioni di sfiancamento hanno logorato Renzi in quanto Premier e segretario del partito.
Ma una delle maggiori colpe che si addebitano a Renzi, oltre ad aver dato il via alla campagna referendaria con rilevante anticipo, il che ha avvelenato il clima per mesi, e continuerà a farlo ancora fino al 4 dicembre, è di averlo eccessivamente personalizzato, proclamando che se il risultato del referendum sarà negativo, ciò significherà il suo fallimento e quello del suo governo, per cui andrà a casa.
Questa personalizzazione deve far riflettere, per molte ragioni, ma principalmente considerando il baratro nel quale piomberebbe il paese nelle due malaugurate ipotesi della vittoria del “NO” e delle dimissioni del governo Renzi.
Le considerazioni da fare in proposito sono le seguenti.
Prima di ogni altra cosa, la personalizzazione data da Renzi, consente a tutte le forze di opposizione, interne ed esterne al PD, di fare la campagna per il “NO” non tanto per far cadere la riforma, ma per far cadere Renzi e il governo: e questo è stato un evidente errore, una trappola posta sul suo sentiero dallo stesso Premier.
Se vincerà il “NO” e Renzi e il suo governo andranno a casa, per l’Italia si aprirà un periodo che a dir poco può definirsi buio, sia per l’economia, sia per la mancanza di credibilità che ci saremo conquistata di fronte al mondo intero.
Tutti sanno che uno dei maggiori handicap per il nostro paese è la convinzione, all’estero, che nulla e nessuno potranno cambiarlo, modernizzarlo, farlo diventare un paese anche politicamente dinamico e al passo con i tempi; Renzi, nei suoi primi due anni di governo, ha dimostrato che questo non è vero, e le sue riforme, checché se ne dica, hanno fatto in modo che all’estero incominciassero a guardare al sistema Italia con interesse e speranza, tant’è che negli ultimi tempi sul palcoscenico dell’ UE ci sono state le presenze quasi esclusive della Germania, della Franca e dell’Italia.
La vittoria del “NO” e le conseguenti dimissioni (?) di Renzi nuovamente ci escluderebbero dai giochi europei, e il danno sarebbe non solo per l’Italia, ma per l’intera comunità in quanto Renzi anche in Europa ha portato una ventata nuova di innovazione, modernità, impulso a trasformare l’Unionee in Federazione, come i padri ideatori e fondatori dell’UE hanno sempre auspicato e alla quale Renzi ha dato un notevole impulso.
Ma il danno sarebbe anche per l’UE giacché verrebbe a mancare proprio la rappresentanza di uno dei paesi membri che più si è battuto per la auspicabile costruzione degli Stati Uniti d’Europa, con poteri decisionali centralizzati, mettendo fuori gioco, una volta per tutte, i nazionalismi che danneggiano tutti.
Ma se, nonostante la vittoria del “NO”, Renzi non si dimettesse, il danno per la sua immagine sarebbe enorme, giacché ha costruito il suo futuro politico su tale presupposto: se non cambio l’Italia ho fallito, e se ho fallito vado a casa e mi ritiro dalla politica.
Tornare indietro su ciò sarebbe anche per il Paese un danno irrimediabile e aprirebbe all’Italia una nuova stagione buia sullo scenario mondiale. (foto Tiberio Barchielli – Palazzo-Chigi)