Il paradosso della tolleranza: una prima analisi dell’attacco al Congresso USA
In “La Società Aperta e i suoi nemici” del 1945, Karl Popper definisce il paradosso della tolleranza: la società aperta, per sua stessa definizione aperta al dialogo e al pluralismo, deve chiudersi nei confronti degli intolleranti. “(…) se non siamo pronti a difendere la società dalle offese devastanti dell’intollerante, il tollerante sarà distrutto e con lui la tolleranza”.
I fatti di Washington del pomeriggio del 6 gennaio sono una delle prove più evidenti di questo paradosso: la democrazia non può essere aperta e tollerante verso chi non ne capisce il funzionamento e mira a sovvertirla.
Mai prima di ora nella storia (travagliata) degli Stati Uniti d’America si era verificato un attacco al potere legislativo così diretto e improvviso.
Mai il Congresso, anzi “The Congress”, espressione più elevata della democrazia a stelle e strisce e per tanti anni simbolo della libertà e dei valori dell’occidente era stato minacciato in questo modo.
Il cinema e le serie americane ci hanno abituato alle catastrofi e a presidenti e a cittadini qualunque che diventano eroi e salvano il mondo ma, sinceramente, i fatti accaduti hanno superato qualsiasi previsione.
Quanto accaduto ci offre un’opportunità di analisi più estesa sul presente.
Innanzitutto, quanto accaduto, mette in evidenza che gli elettori americani, lo scorso novembre, hanno effettuato la scelta migliore per il proprio futuro. Sono sotto gli occhi di tutti gli effetti della politica interna ed estera di “The Donald”.
In secondo luogo, quanto accaduto rende evidente che è giunto il momento per l’Europa, per i suoi leader, di alzare la voce. Nella Seconda guerra mondiale gli USA hanno protetto l’Europa dalla tirannia del Nero e del Rosso e l’hanno aiutata a rinascere sulla democrazia. Ora tocca a noi europei restituire il favore e ricordare agli amici d’oltreoceano che la democrazia va difesa a ogni costo. Non è ingerenza nella politica US, è semplicemente affermare valori universali su cui non si può restare in silenzio.
In terzo luogo, sulla base degli eventi e del pensiero politico all’origine della nazione americana (tra cui “Storia della democrazia in America” di Alexis De Tocqueville), quanto accaduto il 6 gennaio 2020 a Capitol Hill dimostra non che la democrazia US è in declino ma, anzi, il suo contrario: ancora una volta gli Stati Uniti sono l’anticamera e la sperimentazione di un qualcosa di pericoloso, di una protesta di malessere che si potrebbe verificare in una qualsiasi altra democrazia del mondo. Soprattutto in un momento in cui il Covid-19 ha sconquassato equilibri economici e sociali.
Quarto elemento, forse il più importante, l’attacco al Congresso, istituzione simbolo della democrazia rappresentativa, dimostra che la democrazia non è scontata ma è una conquista che va difesa, a ogni costo, ogni giorno e in ogni singolo atteggiamento, frase, espressione.
La contrapposizione e l’odio, se continuamente alimentati da una pubblica autorità, hanno effetti esponenziali e non controllabili.
La democrazia va difesa, quindi, intervenendo ad ogni livello, non appena possibile. Dalla scuola, alla comunicazione, alla cultura e verso chiunque abbia una pubblica autorità e responsabilità.
La democrazia, intesa – in essenza – come facoltà di poter esprimere liberamente il proprio pensiero e di essere, di conseguenza, tutelati per farlo – non è un qualcosa che appartiene solo a una cerchia ristretta di persone.
Appartiene a tutti noi che facciamo parte della stessa comunità. È un bene fondamentale, come l’aria che respiriamo, di cui ci accorgiamo del reale valore solo quando sta per mancare.
Se ne ignoriamo l’importanza, il rischio che corriamo, ben più grave di un governo o un ministro incapace, è quello di trovarsi, dalla mattina alla sera, senza la possibilità di poter dire e fare quello che pensiamo sia più giusto.