scritto da Luigi Gravagnuolo - 04 Ottobre 2019 22:40

Il mondo in cui viviamo

Ultima settimana di settembre, New York, 74° Assemblea Generale dell’ONU.  Greta Thunberg, non è un Capo di Stato e non può intervenire in Assemblea Generale. Lo fa in una riunione a latere, il Summit dell’ONU sul clima: “L’ecosistema sta collassando, siamo all’inizio di un’estinzione di massa, e tutto ciò di cui voi parlate sono soldi, favole e crescita economica. […] La scienza da trent’anni è chiara ma voi distogliete lo sguardo, come osate? Mi avete rubato i sogni, l’infanzia e l’adolescenza. […] Ci state deludendo, ma i giovani stanno iniziando a capire il vostro tradimento, gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai!” Parole energiche, contrappuntate da lacrime di rabbia che hanno emozionato il mondo.

Il Summit si è svolto mentre la foresta amazzonica bruciava ed i ghiacciai artici si scioglievano. L’Amazzonia, in particolare, è diventata l’epicentro delle problematiche sostanziali del mondo d’oggi: ambiente dunque futuro, contro crescita cioè presente; e globalismo contro sovranismo.

L’Amazzonia è il primo, fondamentale, ripuliture della terra dall’anidride carbonica ed il principale produttore di ossigeno. Se il pianeta è ancora vivibile, lo dobbiamo soprattutto alla sua sterminata foresta. Chiunque comprende come la sua salvaguardia non sia un onere, né una facoltà, da potersi lasciare ad un singolo Stato.

Però non esiste uno Stato-Mondo che possa farsene carico e l’Amazzonia per il 90% fa parte del Brasile, il cui governo non accetta nessuna interferenza nei suoi confini. Non solo, non accetta neanche di prendere atto della gravità degli incendi della foresta. Il suo Presidente, Jair Bolsonaro, ha risposto a Greta ed alle angosce del mondo in Assemblea Generale: “La foresta amazzonica è virtualmente intatta. […] Si tratta di un malinteso scientifico affermare che le foreste sono i polmoni del mondo. […] l’Amazzonia non è il polmone del pianeta e non è patrimonio dell’umanità, l’Amazzonia è nostra”.

Dunque sovranismo contro globalismo, presente contro futuro, negazionismo scientifico  contro surriscaldamento della terra constatato e misurato scientificamente.

E allora, che si fa? L’ONU può adottare una risoluzione di valore universale sul dovere della salvaguardia del creato, certo. E poi? Promuoverà con la forza il rispetto della sua eventuale risoluzione?

No, ha tuonato Donald Trump, presidente ultrasovranista della più potente nazione del mondo. Sentitelo: “Il futuro non appartiene ai globalisti. Il futuro appartiene ai patrioti, alle nazioni sovrane e indipendenti. […] La semplice verità è: se vuoi libertà, sii orgoglioso del tuo paese; se vuoi democrazia, proteggi la tua sovranità; se vuoi pace, ama la tua nazione”.

Dunque la democrazia, la pace e la salvaguardia del futuro, a suo dire, si possono tutelare solo in un mondo di stati sovrani, i cui cittadini siano orgogliosi per proprio paese, ne difendano la sovranità  ed amino la nazione. Verrebbe facile ricordargli che in fondo i nazisti tedeschi furono orgogliosi del loro paese ed amarono la loro nazione, la cui sovranità difesero dalle interferenze delle potenze vincitrici della prima guerra mondiale. Solo che ci fu qualche problemino con la libertà, con la democrazia e con la pace. Forse la questione è meno semplice di quanto non sembri al Presidente USA.

Ecco, il nostro mondo è questo. Siamo nel pieno di scontro dichiarato tra poteri globali e resistenze sovraniste. E le nostre vicende, anche quelle dei nostri governi, giallo-verdi o giallo rosa che siano, le capiremo meglio a partire da questo contesto.

Luigi Gravagnuolo, giornalista, scrittore, docente ed esperto di comunicazione. E' stato Sindaco di Cava de’ Tirreni dal 2006 al gennaio del 2010, quando si dimise per andare al voto con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato.

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