Non è un momento facile per il M5S e il Governo Conte-2, legati, verrebbe da dire ammanettati, dalla forzata parentela instauratasi nel marzo 2018, subito dopo le elezioni politiche con le quali il movimento grillino era riuscito a conquistare il 33% circa, sbaragliando tutti gli altri partiti.
Da quelle elezioni vennero fuori risultati in parte prevedibili, in parte imprevisti.
Vediamo quale era la situazione a marzo 2018, confrontata con quella delle elezioni europee del 2019 e con le previsioni oggi.
M5S: elezioni politiche 2018 Camera 32.70%, Senato 32.20%; Elezioni UE 2019 17.10%; previsioni SWG oggi 15.20%.
PD: politiche 2018 Camera 18.70%, Senato 19.10%; UE 2019 22.70%; previsioni 20.80%.
LEGA: politiche 2018 Camera 17.40%, Senato 17.60%; EU 2019 34.30%; previsioni 24.80%.
FI – Berlusconi: politiche 2018 Camera 14.40%, Senato 14.40%; EU 8.80% previsioni 6.00%.
FdI – Meloni: politiche 2018 Camera 4.30%, Senato 4.30%; EU 8.80%; previsioni 15.80%.
Allo stato il M5S è sprofondato al 15.20%, ha quindi dimezzato i consensi, in verità in buona compagnia con FI-Berlusconi crollato al 6.00%, meno evidente è il calo della Lega, la quale comunque, rispetto ai risultati delle elezioni Europee, perde il 10.00%; l’unico partito che può gridare vittoria è FdI-Meloni che viaggia intorno al 15.80% guadagnando 11.50% rispetto alle politiche 2018, una bella scalata. Regge il PD.
In sostanza, allo stato, il primo partito risulta, sebbene in calo, ancora la Lega col 24.80%, seguito dal PD al 20.80%, da FdI-Meloni al 15.80%, dal M5S al 15.20%, fanalino di coda FI–Berlusconi con il 6,00%.
Ciò detto, torniamo al M5S il quale, nonostante la vittoria del Si al Referendum del 20 settembre per la riduzione dei parlamentari, dopo appena due settimane sembra nel caos totale, vittima di faide interne, derivanti dalla sua origine e dalle scelte che undici anni fa vennero fatte dal fondatore Beppe Grillo, guidato da Gianroberto Casaleggio, il quale auspicava la democrazia diretta, e inventò un sistema informatico grazie al quale sarebbero stati gli stessi cittadini a pronunciarsi, momento per momento, sulle scelte da effettuare.
La “Piattaforma Rousseau” ideata dalla Casaleggio-Associati (che sembra avere 150 clienti), doveva essere l’inizio dell’abolizione del Parlamento, niente più Deputati e Senatori; una utopia che sembra essere giunta al capolinea, e che sta scuotendo i pantastellati.
Pure se assurdo, potremmo ragionare sulla “Piattaforma Rousseau” se ad essa 40/50 milioni di cittadini fossero iscritti con tutte le garanzie possibili; ma sembra una follia che 170.mila grillini (tanti sembrano registrati alla piattaforma) possano decidere per oltre 60.milioni di cittadini. Dobbiamo necessariamente usare il condizionale perché risulta che nemmeno il M5S conosca esattamente la situazione in quanto non ha accesso alla piattaforma, se non per la votazione.
Ma il discorso serio è un altro, e cioè che la fonte della democrazia è un’agorà nella quale tutti i cittadini, di qualsiasi ideologia, liberamente si confrontano, magari si scontrano; ma il confronto, anche se forte, è la vita dello stato democratico, il sale della democrazia: alla fine della discussione si deve obbligatoriamente giungere ad una sintesi dalla quale scaturiranno, condivisi, i progetti per il futuro del paese; non si comprende come ciò potrebbe avvenire con una piattaforma informatica sulla quale l’unica cosa che si può fare è votare si o no ad una certa proposta; un sistema del genere costituirebbe la negazione delle democrazia, una dittatura nelle mani di poche persone che orienterebbero le masse.
Quindi, visto l’origine, il sistema era inevitabilmente orientato all’autodistruzione; finora si è retto solo sulla protesta, sul diffuso scontento della popolazione da un lato contro l’immobilismo che negli ultimi anni ha distinto la nostra politica, dall’altro contro gli insopportabili privilegi che la classe politica si è auto-assegnati e sui quali nessuno sembra poter intervenire; ma ora sembra che gli italiani siano più maturi e smaliziati e di aver preso le distanze dagli imbonitori grillini e leghisti.
La vittoria del SI alla riduzione dei parlamentari è la cartina di tornasole che ha confermato tutto ciò; ma è stata anche l’ultima occasione per il M5S prima del suo inesorabile risucchio nel gorgo formato dagli equivoci e gli errori sui quali ha fondato la sua ascesa.
Ma a queste semplici considerazioni di carattere politico, vi sono delle circostanze pratiche che fanno comprendere quanto sia problematico che esso possa proseguire la sua attività politica senza un radicale rinnovamento che lo traghetti dalla logica di movimento a quella di partito politico, termine che Grillo e Casaleggio sembrano ancora aborrire ma che alla fine, ob torto collo, saranno costretti ad accettare, tant’è che l’attuale capo politico Vito Crimi, nominato da Beppe Grillo (quando si dice democrazia!) ha convocato un Congresso, con il termine “Stati Generali”, di triste memoria storica.
Gli “Etats gèneraux” richiamano alla mente la Rivoluzione Francese del 1789, ma prima della stessa erano stati convocati la prima volta da Filippo IV nel 1302, e costituivano un organismo consultivo del quale facevano parte i tre ceti sociali, il Clero, l’Aristocrazia e il Terzo Stato (la popolazione urbana e rurale) che si riuniva per limitare il potere monarchico, quando sul paese incombevano imminenti pericoli specialmente economici.
Tra l’altro i richiamati Stati Generali non sono di buon auspicio in quanto quelli francesi portarono alla rivoluzione del 1789; i tre ceti decidevano indipendentemente l’uno dall’altro e alla fine il sovrano, autonomamente, sceglieva; c’è pure da ricordare che nel 1789 la Rivoluzione sancì la fine degli stessi, proprio il contrario di ciò che il M5S vuole fare.
Termine, quindi, poco indicato per la convocazione di un congresso che dovrebbe preludere alla istituzione di un partito politico nel quale dovrebbero confluire le correnti dell’attuale M5S che ancora avessero voglia di stare insieme, specialmente per rimanere a galla fino alla fine della legislatura, giacché è improbabile che si vada prima alle elezioni le quali, in questo momento, non convengono a nessuno, men che mai ai parlamentari grillini che, con la riduzione decisa dal Referendum, sarebbero i più penalizzati.
Ma il transito non è facile né indolore, specialmente perché non è ben chiaro quali siano i rapporti “contrattuali” tra la Casaleggio Associati e il M5S; sembra che il Movimento sia proprietà della Casaleggio Associati come pure il simbolo, anche se risulterebbe che esso, nel tempo, abbia subito diverse modifiche in quanto il primo depositato recava, sotto le 5 stelle, il nome di Beppe Grillo, successivamente scomparso, ora sostituito dalla frase “Il Blog delle Stelle”.
Fra l’altro sembra che lo stesso simbolo sia proprietà della Casaleggio Associati, che ne ha consentito l’utilizzo, e questo costituisce una ulteriore spada di Damocle sulla testa del movimento/partito.
D’altronde Davide Casaleggio è stato abbastanza esplicito quando il 4 ottobre, nel commemorare l’11° anniversario della fondazione del Movimento, ha pubblicato un messaggio di fuoco sul “Blog delle Stelle” (che qualcuno dice sia stato arbitrariamente utilizzato perché non di sua proprietà né autorizzato a farlo) lamentando i contrasti tra lui e il M5S, i sacrifici fatti dal padre Gianroberto e da lui stesso per creare quello che il Movimento è diventato, e ha fatto intravedere addirittura la possibilità che si giunga ad azioni legali.
Ma Casaleggio ha ancora un asso nella manica che pesa come un macigno sul Movimento: possiede tutti i dati degli iscritti, anagrafici, indirizzi e.mail, numeri di telefono, e altre informazioni, che in caso di rottura i grillini dovrebbero ricostruire.
E dello stesso Blog del Movimento non si capisce chi sia il proprietario, e il post pubblicato il 4 ottobre da Casaleggio farebbe pensare che pure sia suo in quanto non sembra credibile che, se così non fosse, chi lo ha creato non abbia posto un blocco per impedire l’accesso ai non autorizzati.
Insomma un pasticcio incredibile nel quale navigano a gonfie vele gli “scissionisti”, in primo piano Alessandro Di Battista, per il quale l’accordo con il PD è la “morte nera”, e che non fa capire bene quale sia il suo fine, e probabilmente non ha ancora maturato la cognizione che, con un partito/movimento così ridimensionato, un gruppo scissionista potrebbe fare la fine di Italia Viva di Matteo Renzi il quale, se le cose andranno in un certo modo, rischia di scomparire dal panorama parlamentare; ma Di Battista non è Renzi, quest’ultimo riesce camaleonticamente a cambiare pelle in continuazione e rimanere a galla, mentre Di Battista, che non è nemmeno parlamentare e saltella come un grillo (manco a farlo apposta!) tra l’Italia e l’Estero, tra gli amici e i nemici di Casaleggio, tra Di Maio e i suoi oppositori, veramente rischia di uscire definitivamente di scena.
Il tutto aggravato dalla inconsistenza del barcollante attuale capo politico Crimi.
Insomma tempi duri e amari per i grillini che, nonostante gli sforzi di Roberto Fico, Presidente della Camera, notoriamente equilibrato e inclusivo, non sembrano avere grandi speranze.
Ora dobbiamo attendere questi “Stati Generali” convocati per il 7 e 8 novembre prossimi, che sembrano non aver entusiasmato più di tanto i grillini, e le cui risultanze, Casaleggio permettendo, dovrebbero comunque essere votate sulla piattaforma Rousseau; insomma come un cane che si morde la coda.