Il fetore dei disperati allontana la carità
Quanti padri mendicano un aiuto per i propri figli disoccupati, ai limiti della disperazione? È d'uopo una riflessione!
Non è solo questione di soldi, ma anche di naso. Perché se sei bisognoso di aiuto, c’è poco da fare, hai un odore diverso da chi se la passa bene o detiene un potere. Anche se si lava o si fa dieci docce i ‘presunti’ benefattori si tengono a debita distanza e non rispondono al cellulare per eventuali richieste di aiuto caritatevole. Tant’è!
L’esercito dei bisognosi-disperati è fitto e puzza di miseria. L’altro esercito, quello dei benestanti e potenti, credono che i primi siano biologicamente inferiori, semmai solo perché -se si può legittimamente- abbiano fatto nel loro remoto o recente passato scelte sbagliate, anche molto sbagliate, perdendo diverse scommesse di vita. Tuttavia ciò non implica, per lo meno necessariamente, deficit organici. Non ha alcun senso, é appena il caso di precisare, la teoria calvinista del favore divino, secondo la quale il successo personale riflette il favore, la “grazia” di Dio mentre l’insuccesso dà la misura del Suo sfavore. Credenze del passato.
Se tale tesi serpeggia velenosamente fra noi tutti è fatto di razzismo puro e distillato bene, la sua malignità ha di che far impallidire altri fantasmi che si aggirano indisturbati sul pianeta. Cosa significa essere bisognosi di aiuto degli altri? Considerando che l’agiatezza economica sicuramente aiuta nel favorire un’esistenza dignitosa, se ne deducono facilmente le conseguenze. Eppure nel Vangelo di Luca si riportano le parole del Signore che indica “chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto”. Tuttavia colui che bussa -alla porta o sul cellulare- è sempre visto come un questuante, uno scocciatore di cui sbarazzarsi rapidamente. Per una società equilibrata converrebbe che tutti avessero le stesse occasioni per sviluppare le proprie potenzialità, inoltre sembra che qualcuno abbia diagnosticato che siamo tutti in una curva Gaussiana, pochi i geni e pochi i bisognosi veri.
Prendiamo il lavoro. Tutta la grande massa è sottoposta alla casualità dell’ambiente più o meno favorevole allo sviluppo delle loro capacità anche molto diverse ma avviene anche spesso che i geni (meritevoli) finiscano disoccupati e gli incapaci (raccomandati) controllino i luoghi di potere. Certo bisognerebbe scendere in piazza e fare una statistica sul campo, ricordando che una cosa è la realtà ed un’altra è immaginare di essere superiori e più dotati di esseri simili a chi è colpito dalla malasorte. Per questo è importante finanziare la scuola e selezionare buoni insegnanti, che dovrebbe supplire alle carenze culturali della famiglia e dell’ambiente d’origine.
“Aiutare un disperato non è una sterile prestazione oppure un semplice obolo da devolvere per mettere a tacere la nostra coscienza. Quello che non dobbiamo mai dimenticare è che la carità ha la sua origine e la sua essenza in Dio stesso (cfr Gv 4,8); aiutare i bisognosi è l’abbraccio di Dio nostro Padre ad ogni uomo, in modo particolare agli ultimi e ai sofferenti, i quali occupano nel suo cuore un posto preferenziale”. Non sono certo io a pontificare bensì proprio il nostro Pontefice Francesco. Aiutare concretamente chi bussa alla tua porta va vissuto tramite relazioni interpersonali con i bisognosi, perché solo così si impara a praticare il senso caritatevole con spirito di povertà e condivisione.
Dunque rifuggendo la modalità di aiutare il bisognoso in modo ipocrita, identificandosi in un benefattore che miri a tacere la propria inquieta coscienza o addirittura con una possibilità di arricchimento, Francesco ricorda che colui che bussa alla tua porta è sicuramente un messaggero di Cristo.