Il fenomeno dell’astensionismo: c’è davvero l’interesse dei partiti a contrastarlo?
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Vince il partito dell’astensionismo sempre più crescente. È quello che è emerso anche dall’ultima tornata amministrativa.
La politica non è più una questione che coinvolge la grande maggioranza dei cittadini, specie i giovani, convinti che ci debba essere un dovere di partecipazione scegliendo fra le alternative in campo. Ma quali alternative? Il problema è che spesso quelle che dovrebbero rappresentare una alternativa di governo alla maggioranza che governa sono fotocopie sbiadite di una politica consociativa tra compagnucci di merende scadute.
A nostro modesto giudizio accanto al consueto zoccolo dell’astensionismo per estraneità alla competizione politica (per ragioni culturali e/o ambientali) c’è la grande quota di quello che una volta, si sarebbe potuto definire vagamente come un elettorato di “opinione”. In pratica, un elettorato che si fanno coinvolgere da diversi elementi: dagli ideali, dalla demagogia, dal populismo, dai sentimenti e/o bisogni definiti di pancia o, al contrario, dal sogno di un possibile cambiamento radicale.
Ed è a questo elettorato che bisogna rivolgersi offrendo e realizzando però questo possibile cambiamento radicale. Come?
Innanzi tutto, dando loro la possibilità di votare e scegliere i propri rappresentanti ora nominati, molto spesso, non sempre per fortuna, tra i più cretini che possano mai esistere in questo panorama politico affollato da nullità assolute regalate da “Porcellum” “Porcate” e “Boiate” simili.
Questo sempre più rilevante e quasi maggioritario elettorato che diserta le urne è disillusa: ha visto la vacuità delle promesse di rovesciare, di liberarsi di una casta ormai in via di putrefazione.
La prova di quanto stiamo dicendo è nella circostanza che il partito uscito pesantemente ridimensionato dagli ultimi risultati elettorali siano proprio i Cinque Stelle, quelli che volevano aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, ma finiti poi per mangiarsi tutto il contenuto della scatoletta appena aperta. Quelli dell’abolizione della povertà finito per abolirla solo a Di Maio e ai suoi compagnucci eletti che volevano distruggere la casta, finendo per diventare loro la vera e peggiore personificazione della casta.
Il partitino di Conte, che come una candela si sta spegnendo, non ha un leader convincente. È uno da sinusite nasale incomprensibile. Non si può stare prima opportunisticamente con tutti e poi pretendere di giocare a fare il messia nel tempo della purificazione. Non ha un gruppo parlamentare di spessore, anzi, scarsissimo, non ha dimostrato capacità, per nulla radicato sui territori. Vive di slogan ed è cannibalizzato da un PD.
Conte, ormai scontato, tenta di catturare un elettorato di “opinione” che gli è sfuggito e non torna più.
A questo punto quest’elettorato di “opinione” non torna nei “vecchi” partiti, che gli hanno insegnato a disprezzare, ma si estranea dalla competizione elettorale e quindi dai processi democratici.
Il panorama politico nazionale, d’altronde, non lascia margini alla speranza di un cambio di passo, Rimane una Lega radicata al Nord, Forza Italia ridotta ai minimi termini, il PD che si dibatte ed arrabatta per arrestare il declino, mentre FdI tenta la trasformazione in partito di governo con una classe politica non sempre all’altezza del ruolo e che supplisce a tutto ciò grazie alla leadership ampiamente riconosciuta, finché dura, di una personalità politica di grandissimo spessore quale si sta sempre più rivelando Giorgia Meloni oltre al valore di pochi altri della vecchia guardia del partito.
In conclusione, il panorama politico nel suo insieme appare asfittico, superato, incapace di attrarre quell’elettorato di “opinione” che hanno dimenticato specie quello meridionale. Forse volutamente dimenticato perché troppo pensante e critico. Forse volutamente dimenticato fintantoché rimarrà in vigore un sistema elettorale che quasi sempre non premia il merito e i territori, bensì la cieca obbedienza ai capibastone dei vari partiti.
La sensazione più forte, ad onor del vero, è che fin quando il sistema elettorale sarà questo, non ci sarà nessun reale e sincero interesse a recuperare l’elettorato che diserta le urne. Da parte di tutti, nessuno escluso. Chi più, chi meno, ma comunque da parte di tutti i partiti. In fondo, meno elettorato c’è da convincere, meno lavoro ci sarà da fare in campagna elettorale per ottenere consensi.
Ci sarà per tutti solo il problema di fidelizzare una parte dell’elettorato. Come si fa con i clienti dei supermercati.
avv. Alfonso Senatore