Il silenzio degli intellettuali e la politica schiacciata sul tweet
La questione del silenzio delle élite del pensiero è un sempreverde e si rifrange ad ondate sugli scogli della politica, ahimè sempre più nudi e scivolosi. Perché se le élite politiche non sono sintoniche con gli stimoli degli intellettuali, se non posseggono eguali strumenti culturali, se guardano con fastidio a chi professa il diverso parere come se fosse il disfattista, se non si muovono con la consapevolezza che la spinta degli intellettuali è carburante per cambiare la realtà in meglio -che poi è la missione della politica- non può accadere niente.
E niente, infatti, è accaduto negli ultimi decenni nelle fibre della vita pubblica delle città meridionali. Che fine hanno fatto gli intellettuali? C’è stato un tempo in Italia, in cui, dalle colonne del Corriere della Sera o di Repubblica, scrittori come Pasolini o Sciascia erano in grado di scuotere governi, di suscitare dibattiti tra la gente, di instillare nei lettori il dubbio ed il bisogno di approfondire.
Anche nel Sud questo avveniva: il grande ruolo svolto dai meridionalisti, ad esempio, da Vittore Fiore a Galasso, a Pasquale Saraceno, era in grado di aprire un dibattito plurale nella pubblica opinione che finiva per avere effetti concreti sull’azione politica delle classi dirigenti pugliesi. Perché, appunto, la politica non era indifferente, non insensibile alla stimolo della cultura. Era essa stessa impastata di quella cultura.
Perché gli intellettuali oggi tacciono? Io credo che una ragione sia proprio la frattura irreparabile tra politica e cultura.
Una politica schiacciata sul tweet, sull’effimera durata di una dichiarazione alla rincorsa dell’evidenza mediatica, non si concilia con la profondità di un pensiero. Semplicemente lo rende inutile, non lo riconosce, lo respinge.
La verità? Le nostre città sono tutte virate al grigio, degli immensi “non luoghi” che cancellano i luoghi di senso della cultura. Muoiono le librerie -e le sopravviventi si restringono- muoiono i cinema, muoiono i caffè storici. Le generazioni più giovani sciamano verso immensi luoghi collettivi allestiti per i nutrimenti del corpo, e non succede niente che rimetta in direzione ostinata e contraria il movimento.
La politica e la cultura hanno divorziato, nel Sud come in tutto il resto del paese. Gli intellettuali, come le lucciole di pasoliniana memoria, non si vedono. Forse sono stanchi, forse si tacciono per delusione.
Ma così non va bene. Si addice al pensatore un poco di stoicismo: mai rinunciare a dire le cose, anche se può apparire esercizio inutile.
E poi non è mai detto: chissà, a furia di far sentire la propria voce, anche nel durissimo orecchio della politica nuova qualche idea potrà trovare una sua strada. (foto Michele Mari)
Pino Pisicchio
Presidente del Gruppo Misto alla Camera dei deputati