I greci si riferivano alla verità con il termine “Aletheia (ἀλήθεια)”, dal ben più ampio significato e letteralmente traducibile in: “lo stato dell’essere evidente”. Ora, un discorso sulla verità e sulla sua potenziale oggettività sarebbe troppo complesso e forviante rispetto alla tesi che vogliamo trattare in questa istanza, su quanto dunque ci soffermeremo è l’effettiva coerenza del valore universalmente riconosciuto che diamo alla verità al giorno d’oggi.
La verità è quel qualcosa con la quale abbiamo a che fare tutti e nessun giorno, quella necessità di cui necessitiamo affinché tutto abbia senso, un inviolabile premessa che deve essere, affinché noi possiamo essere con lei.
Ogni cosa che diciamo o facciamo può essere vera o non vera, una notizia che leggiamo, un sentire che manifestiamo.
Nel corso degli anni il senso della verità non è mai, almeno nel suo aspetto generale, cambiato, quanto è invece mutato è quel sottile confine che la separa dal suo opposto. Con il progresso sono arrivati molteplici mezzi per eludere la verità, il più delle volte capaci anche di tramutarla in vero dalla falsità o mascherare la stessa così bene da renderla vera.
La stabilizzazione di internet ha permesso lo sviluppo di infinite fonti, giornali, blog e qualsivoglia mezzo per la diffusione di notizie, in tempi immediati e dalla facilissima reperibilità. Così come ne ha facilitato la diffusione ha in controparte anche reso più semplice la falsificazione di tali notizie, offrendo strumenti sempre più inquietantemente efficienti a tale scopo.
La falsificazione dei volti tramite modelli 3D, l’inattendibilità delle fonti, la perfetta riproduzione della voce tramite programmi e la contraffazione delle prove sono soltanto la cornice di un quadro ben più pericoloso: lo svanire della lettura critica ed il buon senso nell’informarsi.
Uno dei paradossi del web è la ferrea certezza con la quale afferma le più grandi incertezze, paradosso reso possibile dall’elevazione che gli, in una momentanea personificazione, abbiamo permesso a giudice imparziale e giusto, attendibile e indissolubile.
L’assenza di un volto e di un singolo rendono il web una divinizzazione del sapere assoluto, quel potenziale infinito di conoscenza attuale e antica da non mettere assolutamente in dubbio.
Tale comodità ci ha reso pigri, meno critici, meno certi e al contempo assolutamente certi di ciò che leggiamo sentiamo o vediamo tramite essa, veloci nel giudizio e tanto lenti al punto da rinunciare all’assicurarci che quanto apprendiamo è effettivamente vero, in modo direttamente proporzionale l’ipocrisia delle notizie false è sempre più banale, meno ragioniamo più ciò che apprendiamo diventa sciocco, sfruttando quella carenza di ragionamento per diventare sempre più semplice.
Non è l’uomo che si sta adattando al crepuscolo della verità, ma il senso stesso della verità che si adatta alla sempre minore attenzione che le dedichiamo.