scritto da Eugenio Ciancimino - 06 Aprile 2022 10:07

Guerra in Ucraina, informazione e propaganda

Guerra in Ucraina, informazione e propaganda

Non si possono chiudere gli occhi di fronte alle tragiche immagini di Bucha.

Sono orribili e non degne di una civiltà di uomini. Ma non sono sufficienti a rendere una narrazione da consegnare alla storia sul conflitto russo-ucraino. Ciascuna guerra muove interessi non sempre confessabili. Omettendone l’approfondimento si rischia di cadere nella propaganda e non si fa giornalismo.

Un appello in questo senso è stato lanciato  attraverso l’online “Africa ex Press”  da undici storici inviati di guerra ex Corriere della Sera, Rai, Ansa, Tg5, Repubblica, Panorama e Sole24Ore. Dicono: “osservando la televisione e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male”.

Paventano rischi di una narrazione schierata ed iper semplicistica, al punto da accreditare soltanto un pensiero dominante bollando chi nutre dubbi di essere amico di Putin che, precisano, di non essere “un agnellino “.

Come “sembra – dice Toni Capuozzo ex Tg5 – che sollevare dubbi significhi abbandonare gli ucraini al massacro, essere traditori, vigliacchi e disertori. Trattare così il tema – precisa – vuol dire non conoscere la guerra”. Inondati da notizie ed immagini senza approfondimento, “i fatti – parole di Massimo Albertini ex Corriere della Sera – sono sommersi da un coro di opinioni”.

E con una rappresentazione mediatica di belligeranti divisi in buoni e cattivi è facile scivolare nel talk televisivi in una sorta di paranoia a caccia, nel cortile di casa nostra, di fiancheggiatori e collaborazionisti di vecchio e nuovo conio, per appartenenza politica. Il dubbio non è certamente una foglia di fico per giustificare o condannare.

È segno di ragionevolezza, prima ancora di incardinare qualsiasi ragionamento o procedura. Se bastassero solo gli occhi delle telecamere saremmo ancora nelle caverne. I fatti non si disconoscono, ma per farli parlare vanno interpretati attraverso forme e procedure di verifica ed accertamento del buon giornalismo e del diritto.

“Perché – attingendo da un post del filosofo della politica e del diritto Francescomaria Tedesco – il peggiore dei crimini ha sempre bisogno di un processo”.

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