Governo M5s-Lega… nulla sarà come prima
Il governo gialloverde presieduto dal professor Giuseppe Conte ha ricevuto la fiducia dei due rami del Parlamento ed è ora nel pieno dei suoi poteri.
E’ scontata la curiosità, così come l’attesa, per quello che riuscirà a fare, ma anche come lo farà. Tra M5s e Lega, infatti, è stato sottoscritto un accordo di programma delle cose da fare che va sotto il nome, assai brutto e fuorviante, di contratto di governo, ma molte, anzi troppe sono le questioni non contemplate così come quelle che restano appese, indefinite. E persino per quelle che sembrano essere dei capisaldi programmatici, vale a dire reddito di cittadinanza, flat tax, giustizia, pensioni e immigrazioni, non si capisce granché sia in ordine ai contenuti che ai tempi.
Alcuni aspetti, tuttavia, fin d’ora balzano agli occhi.
Appare assai evidente l’ostilità, spesso rivestita da una preoccupazione tanto legittima e fondata quanto supponente ed ipocrita, manifestata dai mass media, dai maître à penser e, in generale, dall’intellighèntsia e dall’establishment ai vari e più diffusi livelli. Insomma, non si è mai vista una levata di scudi così generalizzata nei riguardi di un governo appena nato, già crocifisso prim’ancora di aver compiuto un solo atto, aver adottato un solo provvedimento. E pensare che, agli inizi, per Letta e Renzi le peana si sprecavano, per non parlare di un Paese genuflesso riverente ai piedi del salvatore Monti. Persino Berlusconi veniva incensato oltre misura.
La circostanza, inutile negarlo, sembra non solo eccezionale, ma anche sospetta. Vuoi vedere, viene da pensare, che c’è il timore che questi nuovi governanti possano pestare i piedi un po’ troppo a più di un interesse consolidato delle classi dominanti del Belpaese?
Certo, l’inesperienza e le dubbie qualità dei pentastellati così come l’aggressività su diversi temi da parte dei leghisti, inducono a più di una preoccupazione, ma questo fuoco di sbarramento cui si sta assistendo sembra davvero eccessivo e fuori luogo. Insomma, lasciamoli lavorare e valutiamoli per quello che faranno concretamente.
D’altro canto, bisogna rassegnarsi al fatto che la maggioranza e più degli italiani ha votato per leghisti e pentastellati. Evidentemente in loro c’era e c’è una forte esigenza di un radicale cambiamento, che va ben oltre i risultati su occupazione e ripresa economica ottenuti dai governi a guida Pd. E’ stato, e questo forse lo sanno anche gli scolari delle elementari, un voto anti-sistema, ovvero agli elettori gialloverdi questo nostro sistema politico e socio-economico non va: dalle pensioni alle politiche di accoglienza dei migranti, dal mercato del lavoro che non tutela i più deboli (lavoratori in nero, occasionali, precari…) ad un fisco oppressivo e tiranno, dalla corruzione pubblica alla burocrazia elefantiaca, lenta e alienante, e via di questo passo.
Detto questo, è più che legittimo chiedersi: tutte queste speranze di cambiamento sono forse state mal riposte dagli elettori lo scorso 4 marzo? E’ presto per dirlo. Probabilmente sì, ma c’è tutto il tempo per valutare, ovviamente al netto di questa eccessiva demonizzazione in atto e del sottile ma insistente terrorismo politico che punta a ingigantire tutto e il contrario di tutto. Ne è un esempio banale, quello del presunto incidente diplomatico con la Tunisia. Un paese amico che va rispettato e con cui bisogna chiarirsi e collaborare, anche nel nostro interesse. Da qui, però, a contrabbandare la richiesta di chiarimenti rivolta al nostro ambasciatore come la consegna di una minacciosa e letale dichiarazione di guerra da parte di una potenza straniera, offesa e umiliata da quel rustico di Salvini, davvero la cosa sembra non solo eccessiva, ma soprattutto ridicola.
Stiamo quindi a vedere cosa succede in concreto, senza illudersi e tifare in un verso o nell’altro, ma coltivando la sincera ed interessata speranza che gli eventuali vantaggi dell’azione di governo Conti siano superiori agli eventuali danni che potrebbero essere provocati. E, in questa ottica, non è da sottovalutare la possibilità che tutta questa voglia di cambiamento porti alla confusione di un sostanziale immobilismo o peggio ancora all’ennesima riedizione del gattopardismo italico.
Poche cose sembrano, invece, alquanto emergenti. La prima, è che questa nuova stagione della politica italiana porta inevitabilmente al superamento di un armamentario che ci accompagna dal secolo scorso: destra-sinistra-centro, ma anche fascismo-antifascismo, populismo-democrazia. Dobbiamo cioè fare i conti con un fenomeno originale e sensibilità politiche inedite, da qui la necessità di attrezzarsi anche culturalmente per cercare di capire. La seconda, è che Berlusconi, Renzi, Forza Italia, il centrodestra e forse lo stesso Pd, appartengono ad un passato politico che rischia di essere superato o se non proprio già in via di estinzione.
Nulla, insomma, sarà come prima.