scritto da Eugenio Ciancimino - 21 Marzo 2017 09:26

Fare memoria, per non dimenticare e per capire

La giornata della memoria per non dimenticare ha in se tutte le motivazioni per cedere la parola alla retorica.

Nel caso del ricordo delle vittime innocenti delle mafie c’è una forte carica di attualità che riguarda compiacenze e silenzi che continuano ad alimentare fenomeni di illegalità diffusa e contribuiscono a rendere un immagine di invincibilità dei poteri della criminalità organizzata.

La mafia, ha detto il Presidente della Repubblica, “è forte e presente nell’economia legale e controlla pezzi del territorio” ed è anche, purtroppo percepita come “più forte dello Stato” dai ragazzi delle medie di tre Comuni della Sicilia orientale secondo i dati raccolti a cura della Commissione antimafia costituita presso l’Assemblea regionale siciliana. Da ciò il senso dell’attualità dell’esortazione del Presidente Sergio Mattarella per “rafforzare l’impegno educativo” perché “la lotta alla mafia – ha sottolineato – riguarda tutti e nessuno può dire non mi riguarda”.

Se l’indifferenza, prima delle inchieste di coraggiosi magistrati e servitori dello Stato, ha fatto prosperare poteri ed interessi delle cosche, la strumentalizzazione del fenomeno mafioso, dopo le stragi degli innocenti, a fini politici ne ha favorito la conoscenza mediatica ma ha sottratto quote di credibilità alle azioni di contrasto poste in essere dalle istituzioni. Da qui il caos delle cosiddette trattative che hanno lasciato nell’indistinto le istituzioni dagli uomini che le governano e la politica dai suoi attori.

La mafia è vincibile ed in quanto prodotto degli uomini ha un origine ed una fine, come osservava Giovanni Falcone. Ma  ci vuole molto ottimismo dopo le inchieste sulle contaminazioni mafiose nelle aree della legalità formale delle imprese e degli uffici delle istituzioni.

L’impegno auspicato non vale tanto per capirne le dinamiche quanto nella prospettiva di farne assumere consapevolezza alle giovani generazioni. Quasi come un suo testamento spirituale, Paolo Borsellino, la mattina del suo ultimo giorno di vita, rispondendo ad una lettera dei ragazzi di una scuola superiore di Padova, scriveva: “sono ottimista, perché so che questi giovani avranno domani una consapevolezza ben diversa dalla colpevole indifferenza che io mantenni fino a quarant’anni”. Quando l’ha acquisita l’hanno fatto saltare, con un carica di esplosivo, assieme alla sua scorta.

Perciò, “Fare memoria” serve “per non dimenticare e per capire”: non è un o slogan ma il titolo di un opuscolo testimonianza di Rita Borsellino, sorella di Paolo, edito nel 2002 in occasione di un suo incontro con gli studenti dell’Istituto di Istruzione superiore “Niccolò Macchiavelli” di Lucca.

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