Europee, busillis tra passate e nuove alleanze
Dopo gli smacchi subiti da Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Pedro Sanchez, tra i grandi dell’UE è Giorgia Meloni a potere esibire l’autorevolezza di un conforto elettorale vincente

Un voto di stabilità per l’Italia, forse, e di cambiamento per una Europa in fermento. Sono le due facce che si possono attribuire all’esito dei risultati delle consultazioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo.
Dopo gli smacchi subiti da Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Pedro Sanchez, tra i grandi dell’UE è Giorgia Meloni a potere esibire l’autorevolezza di un conforto elettorale vincente, avendo ricevuto dagli italiani che si sono recati alle urne una messe di consensi sia in termini di preferenze personali che di partito, FdI, confermato al primo posto. Credenziali che conferiscono prestigio anche all’Italia, la cui Premier sta presiedendo il G7 in Puglia.
Nel contesto domestico l’altra premiata è Elly Schlein, leader della forza di opposizione più rappresentativa, mentre sono state ridimensionate le aspettative dei Matteo Salvini, Lega, e di Giuseppe Conte, M5S, entrambi sgomitanti: il primo nella compagine governativa ed il secondo nel campo delle opposizioni. Hanno conseguito crediti, per chiarezza di posizioni assunte, sinistra e verdi, insieme, mentre sono stati negati alle velleità di protagonismo di Matteo Renzi e di Carlo Calenda, non avendo entrambi conseguito il minimo consentito del 4%: il primo, nonostante l’unione aritmetica con +Europa, il secondo in corsa solitaria, non ha sfondato nel tradizionale bacino di FI, i cui elettori hanno preferito l’originale ad una copia.
Si tratta di una configurazione data dai numeri espressi da meno del 50% degli aventi diritto al voto, che non inficia il senso politico dei responsi sulle singole forze in campo nonostante l’alta quota di astensionismo mai registrata in una consultazione a carattere nazionale.
Se questa è da ritenersi una linea di tendenza, essa può far pensare al ritorno o alla rifondazione di un nuovo bipolarismo. Ma è più realistico assumere i risultati come misura dei consensi acquisiti da ciascuna forza politica, dato il sistema di voto proporzionale. Manca un test di coalizione più partecipato, perché se ne posano verificare le condizioni per nuove prospettive di alleanze plausibili sulle quali, al momento, pendono rese dei conti interne alla Lega e nell’M5S, due formazioni eccentriche rispetto agli orientamenti delle aree di appartenenza: di governo e di opposizione. Ed è da tenerne conto, date le pregresse esperienze di alleanze dialettiche ma coese nel centrodestra e ballerine nel centrosinistra, stretto o allargato.
Per il momento, Elly Schlein, si gode un buono risultato, come base numerica di sfida politica a Giorgia Meloni, ma costruito e conseguito sulla figura di amministratori recordman di voti nei rispettivi territori di elezione, mentre Giorgia Meloni, soddisfatta della fiducia rafforzata, aggiunge altro merito alla sua leadership nella compagine governativa e più credibilità nel trattare il riassetto delle nuove governance dell’Unione Europea.
Come dire che si sta per aprirsi un ciclo di nuove possibili alleanze nel contesto europeo e di conferme e di alternanze politicamente qualificate in ambito nazionale dopo un ventennio di tribolazioni e di sospensione e/o delegittimazione dei mandati popolari.
Inascoltate in Italia, come in Francia ed in Germania le narrazioni su una destra brutta, cattiva, populista ed inaffidabile, resta vivo o no il patto ad excludendum? Gli eletti a Strasburgo ed i Premier a Bruxelles si atterranno alle narrazioni, giusto per memoria, o discernendo prenderanno coscienza delle linee di tendenza dei responsi usciti dalle urne? Che bel busillis!