In questi giorni che precedono l’avvio ufficiale della campagna elettorale, che porterà al rinnovo del Consiglio comunale e del sindaco di Cava de’ Tirreni, a far notizia sono l’incessante ricerca di alleati da parte di Città Democratica e, di conseguenza, l’ipotesi di ritiro della candidatura a sindaco di Stefano Cicalese.
L’ultima possibilità d’accordo sembra essere quella con il Pd di Servalli. Se questo davvero si verificherà, bisognerà ammettere che la coerenza in politica in fondo sia il più insignificante degli optional. Sia chiaro, le ragioni politiche ed elettorali, che spingono Città Democratica a rinnegare cinque anni di intensa attività sul territorio, sono comprensibili e in buona sostanza finanche condivisibili. In effetti, quando ci si rende conto che la propria proposta politica, che può essere anche la migliore da un punto di vista programmatico ed etico, risulta elettoralmente perdente, è più che ragionevole pensarci su e compiere scelte anche dolorose ma necessarie. Certo, ci si poteva pensare anche prima, ma in politica, si sa, le situazioni maturano da un giorno all’altro.
Detto questo, resta da capire se sia preferibile subire, di fatto, una mortificazione politica, rinunciando volontariamente al proprio progetto, rispetto a una sconfitta elettorale che, per quanto cocente, comunque lascerebbe in vita un’idealità, una traccia progettuale da coltivare e far crescere in prospettiva.
Sono, queste, scelte difficili per una singola persona, figuriamoci per un gruppo politico.
Insomma, il tormento di Cicalese e dei suoi è non solo comprensibile, ma più che giusto e legittimo.
Il mio pensiero, però, va a Luigi Gravagnuolo, una persona che, pur nella diversità di opinioni, ho sempre apprezzato sia dal punto di vista delle capacità politiche che dello spessore culturale. Immagino, se tutto questo ambaradan politico risponde al vero e peggio se troverà concreta realizzazione, quale sia oggi e quale sarà in futuro la sua sofferenza umana e politica.
Fatte le dovute proporzioni, in questi giorni ho, in un certo qual modo, associato, forse per affetto e stima, la figura di Gravagnuolo a quella di un grande, forse il più grande nella storia della filosofia, Socrate. Condannato a morte dai suoi concittadini, si rifiutò non solo di ricorrere a soluzioni disonorevoli e magari di fuggire, preferì così bere la cicuta in esecuzione della sentenza e restare in attesa della morte conversando, piuttosto che venir meno ai principi che avevano ispirato la sua vita.
Bene, mi chiedo, Gravagnuolo avallerà la scappatoia dell’alleanza con il Pd o resterà coerente ai suoi ideali politici e berrà la cicuta di un’eventuale sonora sconfitta elettorale?
Fosse solo per lui, non si piegherebbe giammai al Pd di Servalli. Nella vita, come in politica, bisogna saper perdere, con dignità, e Gravagnuolo sa cos’è la sconfitta e di sicuro ciò non lo spaventa.
Il leader politico di un movimento civico, però, ha doveri assai diversi e, prima che a se stesso, deve pensare agli altri compagni di viaggio. In fondo, il comandante di una nave, se non è come Schettino, affonda con essa, dopo aver però messo in salvo passeggeri ed equipaggio.
E questa, si può star certi, sarà la scelta che, in ogni caso e se necessario, compirà Gravagnuolo.
22.04.2015 – By Nino Maiorino – Caro Direttore, condivido quello che hai scritto, ma principalmente il tuo apprezzamento sulle doti di “Gigino” Gravagnuolo che si è sempre distinto per la coerenza con le proprie idee pagando di persona scelte dignitose, da molti non condivise. Io non vedo male una uscita dalla scena di Stefano Cicalese, giacché questa decisione sarebbe in linea con altre scelte fatte da Luigi Gravagnuolo, che, pure se apprezzate e condivisibili, l’hanno penalizzato; ma la dignità di una persona non si baratta con utilitaristici calcoli personali, come purtroppo buona parte dei candidati fa. Che dire sulla scelta di appoggiare Servalli? Avevo fiducia in Servalli, ma ho avuto qualche perplessità allorquando, partecipando per puro caso ad una sua riunione operativa proprio in vista della sua candidatura, mi accorsi con una certa delusione che a quel tavolo era seduta anche una “cariatide” della politica cavese, che sembra stare sempre in mezzo per avere “una poltrona”: e mi chiesi se fosse opportuno che Servalli, circondato da tanti giovani, avesse imbarcato quella “cariatide”. La circostanza si accoppiava a qualche perplessità che avevo avuto durante le primarie del PD allorquando si notarono tristi figure di cavesi che, all’esterno dei seggi, tifavano per Servalli: ma, in verità, anche in altre circostanze altre tristi figure hanno appoggiato candidati di altra estrazione politica, per cui niente più è da meravigliare