Draghi si dimette, ma Mattarella dice no
Draghi si dimette, ma Mattarella dice no
Quello andato in scena ieri al Senato della Repubblica è stato uno spettacolo di pessima qualità politica e istituzionale. Altro che tanto vituperata Prima Repubblica. Ora si vede di peggio, soprattutto in quanto a grammatica politico-parlamentare.
Ad ogni modo, le dimissioni del premier Draghi erano inevitabili dopo che i pentastellati non hanno votato la fiducia al governo. Così come inevitabile è il tentativo del presidente Mattarella di prendere tempo, per cercare una difficile ricucitura, non accettando le dimissioni e spedendo Draghi a un confronto parlamentare.
Cosa succederà a questo punto? La via maestra sarebbe quello di andare al voto a settembre. Di sicuro però si farà di tutto per rimettere Draghi in condizioni tali da dover accettare e proseguire con lo stesso governo. O magari con un rimpasto che penalizzerebbe la rappresentanza pentastellata, colpevole di questa crisi di governo in piena estate. O addirittura un nuovo governo. Un Draghi bis, insomma.
La domanda però è: ma Draghi si presterà a queste soluzioni un tantino pasticciate?
Probabilmente sì, perché la moral suasion di Mattarella è molto forte, soprattutto nei riguardi di Draghi.
D’altra parte, questo governo, sebbene in crisi ha una maggioranza nei due rami del parlamento anche senza i voti grillini. Non a caso ieri ha comunque ottenuto la fiducia del Senato. E’ questo un particolare per nulla trascurabile, che in pratica rende ininfluenti da un punto di vista strettamente numerico i voti pentastellati. Resta, però, il problema politico, che, mai come in questo caso, prescinde dai numeri.
E’ singolare notare, tuttavia, che a suo tempo Conte, per restare in sella a Palazzo Chigi, tentò in tutti i modi di accaparrarsi voti in parlamento senza riuscirci, ponendo così fine al suo secondo governo e alla sua uscita di scena come premier. Ora Draghi, al contrario, ha la maggioranza dei voti parlamentari, ma si è dimesso, ritenendo che sia venuta meno una delle forze politiche della sua compagine di unità nazionale.
Ad ogni modo, oltre al fatto che i partiti di maggioranza sono impreparati rispetto ad un’elezione anticipata, quello che preme al Paese, ma anche a Mattarella e allo stesso Draghi, sono gli impegni che nei prossimi mesi devono essere portati a termine. Il bilancio da approvare, la crisi energetica e quindi socio-economica e produttiva soprattutto in vista del prossimo autunno, gli sviluppi della guerra in Ucraina, il Pnrr e il ruolo di primo piano che Draghi gioca nello scacchiere europeo e internazionale.
In conclusione, la partita è davvero complicata. Le elezioni da ieri, però, sono molto, molto vicine. Non è detto però che non si trovi un punto di equilibrio per portare a conclusione in modo utile e dignitoso questa travagliata legislatura.
La politica avrà tutti i suoi difetti. Spesso è tortuosa e compromissoria. Di sicuro, è l’arte dove la coerenza è una qualità rara se non inesistente. Tuttavia, ha il pregio di fare di necessità virtù, rendendo possibile quello che fino a poco prima era impossibile.
D’altra parte, la politica non è l’arte del possibile?