scritto da Luigi Gravagnuolo - 10 Maggio 2019 12:15

Crociati e francescani

foto Angelo Tortorella

Rubo la metafora al biologo Garret Hardin, che la raccontò su Science nel 1968. Immaginiamo un prato su cui giornalmente cento pastori portano a pascolare una pecora ciascuno e che in esso ci sia equilibrio tra consumo dell’erba e sua riproduzione.

Un bel giorno un allevatore pensa: “Se io ci porto a pascolare due pecore invece che una raddoppierò il mio ricavato, ma depaupererò il pascolo solo dell’uno per cento. Non sarà un gran problema per gli altri”. Quindi comincia a pascolare due pecore invece che una. Gli altri pastori vedono che funziona e cominciano anche essi ad aumentare il numero delle pecore. Daglie e ridaglie, ad un certo punto quel prato non ce la fa più a produrre erba sufficiente per tutte le pecore. Che si fa? Le soluzioni possibili sono varie.

I cento pastori potranno rivolgersi alla scienza perché trovi un modo di rendere più fecondo quel prato. All’inizio va bene, ma la natura ha i suoi limiti, nessuna tecnologia può rendere un prato ineusaribile. A questo punto le alternative sono due.

Uno o una parte dei pastori si organizza, ammazza o soggioga gli altri pastori, si appropria delle loro pecore e ne mangia tante quanto è necessario per ridurne il numero che vanno a pascolare. Alla fine non ci saranno più cento pastori e cento pecore, ma, supponiamo, dieci pastori e cento pecore. Ciascuno dei dieci pastori ‘vincitori’ del conflitto avrà moltiplicato per dieci la sua ricchezza, il prato sarà sufficiente e novanta pastori saranno stati ammazzati o ridotti in schiavitù.

Ovvero: i cento pastori si riuniscono e concordano che nessuno possa portare più di una pecora al pascolo, quindi chi ne sta portando più di una deve decrescere. Il prato reggerà, ma chi garantirà che non ci sia comunque un pastore individualista che continui a portarne due o tre? Ci sarà quindi bisogno di un’autorità che faccia rispettare la norma. Essa potrà essere dispotica e fondata sulla deterrenza delle armi, ovvero democratica e capace di farsi rispettare con l’arma della persuasione.

A ben vedere i dilemmi del mondo contemporaneo sono riassunti in questa storiella. Il prato è il nostro pianeta, i pastori siamo tutti noi esseri umani, le pecore i nostri mezzi di produzione e di sfruttamento delle risorse naturali. La Terra oggi si sta ‘esaurendo’, a dire di tutti a causa dell’azione dell’uomo. Non ce n’è più per tutti. Di qui le alternative contemporanee tra guerra e pace, autoritarismi e democrazia, crescita e decrescita.

Per secoli una parte dei pastori del pianeta, quella dell’Occidente, si è appropriata della stragrande maggioranza delle risorse del globo, ma oggi i popoli dell’Asia, dell’Africa, dell’America latina stanno emergendo e vogliono la loro parte. Il mondo può rispondere concordando una distribuzione più equa delle risorse, che significa anche impoverimento dell’Occidente, e potrà farlo attraverso il dialogo multilaterale e la pace. Ovvero assicurando le risorse residue solo alla parte più forte dell’umanità, e lo farà attraverso uno scontro violento, vale a dire una guerra, da cui non sappiamo chi uscirà vincitore e soprattutto se la Terra in sé non sarà distrutta.

Papa Bergoglio – per me un santo profeta dei nostri giorni – ha l’autorità morale per sostenere le politiche di pace, di cooperazione e di tutela del pianeta. Perciò, chi punta ad appropriarsi delle ricchezze del mondo a scapito degli altri, lo odia. Costoro, minacciosi, si preparano ad una guerra contro chi non vuole stare sotto il giogo dell’Occidente. Ma ogni guerra è  necessariamente santa, è scontro di civiltà. Come puoi preparare l’Occidente ad una guerra santa contro la Cina, il mondo arabo e l’Africa se la massima autorità morale dell’Occidente è per il dialogo tra le civiltà?

Pensateci, la guerra mediatica dichiarata da Steve Bannon – il campione dei suprematisti occidentali – a Papa Bergoglio si spiega così. Gli aggressori guerrafondai hanno bisogno di un papa crociato, non di uno che si ispira al santo di Assisi.

Luigi Gravagnuolo, giornalista, scrittore, docente ed esperto di comunicazione. E' stato Sindaco di Cava de’ Tirreni dal 2006 al gennaio del 2010, quando si dimise per andare al voto con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato.

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