Cosa resta della quarantena? Forse qualche pagina di diario, tanta preoccupazione per la nostra sopravvivenza e, soprattutto, per molti la solitudine dell’abbandono a se stessi, la disperazione che ti può far fare gesti violenti contro te stesso e gli altri. Ma lasciamo per un attimo questo scenario apocalittico, perché vorrei riportare l’attenzione di tutti sulle cose belle che ci ha lasciato la quarantena.
Ci ha lasciato quel momento di sospensione, di ricapitolazione delle priorità che c’eravamo dati, quando pensavamo che la morte, la malattia e le disgrazie riguardassero gli altri, quelli lontani che si vedono nelle immagini sfuggenti di un telegiornale. Invece no. In pochi giorni tutto è stato risucchiato verso il nucleo della vita di ogni essere umano: la sua Natura. Questa spirale veloce, scioccante ha divorato di nuovo la sua “potenza”: scientifica, economica, sociale.
Abbiamo pensato: ci siamo, ora posso morire. Anch’io sono un essere precario, finito, posseduto da quella forza che avevo dimenticato all’uscita dal corpo di mia madre. C’è ancora lei, la Natura che non è solo temporali e fulmini fuori dalla mia finestra, ma è dentro di me e può manifestarsi in qualsiasi momento per distruggermi. O forse no, forse potrebbe volermi salvare? Forse potrebbe volermi dire qualcosa?
Quante volte mi è capitato di leggerlo in questi mesi: questa “disgrazia” è venuta per dirci qualcosa. Personalmente non penso che ci sia niente di misterioso o divino. Penso che la vera riscoperta di questi mesi, che non dovremmo perdere o rimuovere, sia la solidarietà, quella semplice, istintiva di tutti i mammiferi che si stringono insieme quando si sentono minacciati e si difendono restando uniti, riconoscendo negli occhi dell’altro la propria disperazione.
Noi abbiamo Gesù, un grande esempio nella nostra religione e, se avessimo il tempo di approfondire, ne troveremmo in tutte le altre religioni. Questo ci dice una sola grande verità: l’uomo non può sopravvivere solo. Il nostro modo di rimanere insieme l’abbiamo cercato, sperimentato, realizzato in tante forme, tutte si sviluppano intorno alla dicotomia: individuale/collettivo.
Che cosa sappiamo ora, in particolare da questa quarantena?
A mio parere abbiamo scoperto che stavamo esagerando, che c’eravamo costruiti un modo di stare insieme che metteva al centro esclusivamente l’individuo e il suo potere su gli altri. Abbiamo scoperto, in questa quarantena, che tutti possono avere momenti di difficoltà, che non possono essere considerati fallimenti, debolezze (essere poveri non è una colpa). Infatti, come nel caso del Covid 19, che può essere dovuto a una improvvisa disgrazia o malattia. Abbiamo scoperto che ricorrere all’aiuto della comunità in un momento di “fragilità” può capitare a tutti e che dobbiamo organizzarci per prevedere come intervenire attraverso le nostre istituzioni, per esempio migliorando la sanità pubblica o gli aiuti economici e sociali.
Perdonatemi se, a conclusione, sono costretta anche questa volta a rilevare che mettere al centro il successo attraverso il possesso del denaro, non può tener conto di tutto questo. Quindi dobbiamo ripensare molti principi cui ci siamo affidati ciecamente fino ad ora, compreso la politica del leader rampante, capace di risolvere tutto. Dobbiamo ritrovare la capacità del pensiero collettivo (si sarebbe detto un tempo) e soprattutto la responsabilità delle scelte che facciamo. Insomma smettere di essere “strumenti” della politica e ritornare cittadini.