Si apre una settimana decisiva per capire le intenzioni di Luigi Di Maio e di Matteo Salvini, i due leader che finora hanno occupato la scena delle consultazioni per la formazione del nuovo Governo.
Hanno da mettere in chiaro quanto pesi la presenza di Silvio Berlusconi nella compagine che dovrà sostenere il loro matrimonio politico. Perché l’ex Cavaliere secondo l’uno sarebbe un ostalo al cambiamento, mentre per l’altro è il partner fondante del centrodestra i cui risultati gli conferiscono il titolo per aspirare al premierato.
Esaurito il tempo delle passarelle del Quirinale c’è da chiedersi fino a che punto Luigi Di Maio e Matteo Salvini siano disponibili a rompere con i loro vincoli elettoralistici ed a prendere atto dell’aritmetica parlamentare. In un contesto di pluralità di soggetti non è facile mettere insieme partner incompatibili per cultura politica ed empatia istituzionale. Il compito diviene ancora più gravoso per i portatori di vittorie mancate condizionati da tossine postelettorali e costretti al compromesso se vogliono continuare ad essere protagonisti.
E’ difficile dare un senso alle idiosincrasie esternate da Di Maio nei confronti di Berlusconi, perché rappresenterebbe la vecchia politica, e quelle di Berlusconi verso Di Maio, perché a corto dell’Abc della democrazia: se nel loro gioco a sparigliare ci siano l’intento dell’uno a riproporre in Parlamento il rito dei cosiddetti “due forni” e la volontà dell’altro a ridimensionare la leadership di Salvini nel centrodestra.
Certamente le loro parole complicano l’opera di persuasione del Capo dello Stato il cui ultimatum ad uscire dallo stallo non esclude dalla assunzioni di responsabilità politiche alcuna forza parlamentare, compreso il PD nonostante le prese di distanza dei suoi esponenti dai partiti che essi ritengono i vincitori del 4 marzo.
Il fallimento di un accordo leale tra M5S ed il centrodestra nella sua versione integrale conferisce un ruolo attivo anche alla rappresentanza del PD che non può tirarsi fuori dalle dinamiche parlamentari. In alternativa, ci sarebbe il suo suicidio politico e si aprirebbe una nuova stagione per le transumanze. Il che sul piano politico non è un buon viatico per dare vita ad un Governo autorevole ed all’altezza delle aspettative del nostro tempo, così come auspicato dal Presidente della Repubblica nel corso della prima e della seconda fase delle consultazioni.
Dalla scelta del personaggio che designerà per un incarico pieno o di esplorazione è possibile decriptare le disponibilità al dialogo da parte delle singole forze politiche. Gli occhi sono puntati sulla tenuta dei canali di comunicazione attivati da Di Maio e Salvini per mettere in moto la vita istituzionale di Camera e Senato e sul senso del loro botta e risposta.
Fino a che punto il loro gioco reggerà all’onda d’urto delle inquietudini che montano nel Paese? Perciò, resta l’interrogativo sul tramonto della seconda Repubblica e l’alba della terza. A prescindere di un eventuale ritorno o no alle urne.