La fede religiosa dovrebbe essere un fattore di pace e di unione, ma la storia ci ha insegnato che non è affatto così, o almeno spesso non è stato per nulla così, anzi.
Questo è successo e succede un po’ ovunque. E la nostra città non fa eccezione. Sia chiaro, niente di che. In ballo non c’è più di una processione o di qualche spettacolo pirotecnico o magari dei rintocchi di campane un po’ troppo energici e frequenti. E il tutto si risolve con qualche polemica sui giornali o più ancora sui social. Per farla breve, non siamo, per fortuna, nel bel mezzo di una guerra di religione.
Questa premessa è d’obbligo per inquadrare nel giusto modo il contrasto, se non addirittura una semplice diversità di vedute, che in questi giorni sembra dividere il neo sindaco Enzo Servalli e il frate francescano Padre Gigino. A quanto pare, l’oggetto del contendere sembra essere lo spettacolo pirotecnico che il Frate vorrebbe tenere a Ferragosto e che non avrebbe avuto l’autorizzazione del Sindaco.
E’ immaginabile, a questo punto, che la polemica potrebbe montare nei prossimi giorni, con il rischio di rivivere così, in qualche modo, i gustosi scontri dei due personaggi di altri tempi, usciti dalla penna di Guareschi, il sindaco Peppone e il parroco don Camillo, che il cinema ha reso celebri e immortali grazie a due eccezionali interpreti, Gino Cervi e Fernandel.
Oddio, sarà un po’ difficile che questo accada, non fosse altro perché l’attuale sindaco metelliano è in tutto e per tutto l’opposto di Peppone, sindaco emiliano comunista, sanguigno e testa dura. Servalli, oltre che non essere comunista, ma ciò oggi potrebbe essere al più solo una nota di colore, non è per nulla un impulsivo e non è neanche uno che punta i piedi a tutti i costi. I suoi tratti principali, al contrario, sono la moderazione e la ricerca della mediazione e del dialogo. Fosse per lui, sceglierebbe il silenzio, l’anonimato, la terza fila. E sussurri piuttosto che grida. Ora che è sindaco, però, gli tocca, comunque e suo malgrado, prendere decisioni, anche di rottura, ma in sintonia con il suo percorso politico, i suoi principi e la sensibilità del suo elettorato.
In ogni caso, su una cosa Enzo Servalli tiene duro: è sinceramente un laico, rispettoso dei sentimenti religiosi e delle istituzioni ecclesiastiche, ma senza per questo essere disposto a consentire il benché minimo arretramento di quelle che sono le prerogative dell’autorità civile.
Da questo punto di vista, c’è da giurare che Servalli imporrà o cercherà di imporre a tutti il rispetto delle regole, un maggior decoro, più sobrietà. Ciò, a ben vedere, non è solo qualcosa di auspicabile, ma quasi una certezza visto che, tra le tante motivazioni, l’elettorato lo ha scelto anche per questo.
E fra Gigino? Un po’ don Camillo lo è. Energico, pieno di iniziative, pronto ad ingaggiare il confronto anche con la politica. Come don Camillo, però, alla fine non arriva allo scontro frontale, insomma, evita l’ordalia non fosse altro perché fra Gigino resta un francescano. Certo, l’impressione è che a volte dal pulpito la passione lo condizioni e che fatichi nel trattenersi dal lanciare anatemi con la veemenza di un novello Savonarola in salsa locale.
E allora? Allora ognuno faccia la propria parte.
Il sindaco Servalli ha il dovere di rappresentare la città nella sua interezza e garantire a chicchessia di viverla nei migliori dei modi, contemperando le varie esigenze con l’intento di assicurare a tutti un elevato livello di convivenza civile e la migliore qualità della vita possibile.
Fra Gigino continui a portare avanti la sua missione senza mai dimenticare che la fede è qualcosa di essenziale e insopprimibile per la stragrande maggioranza delle persone, ma va sempre tenuta distinta e distante dalla politica, se non si vogliono creare pericolosi equivoci e avvelenare gli animi e la società. Insomma, continui con passione a fare e a dire la sua in piena libertà, ma eviti invasioni di campo che non hanno mai portato nulla di buono a qualcuno.
D’altra parte, dopo duemila anni, restano ancora intatte nella loro attualità le parole, riportate dai vangeli, attribuite a Gesù: «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
Più chiaro di così.
Ringraziate a Fra Gigino a Cava sennò fosse una cittadina morta. Io non sono di Cava e vengo spesso al convento.
Sono ormai un ex cavese perché’ vivo da tantissimi anni a Brescia, la mia adolescenza e formazione e’ nata e cresciuta presso il Convento di San Francesco, un tempo povero ma ricco di fede, rispetto, ammirazione verso frati sempre disponibili…..Da anni mi chiedo qual’e’ il mistero, la ricetta, la fede, lo spirito corporativistico,che ha portato i cittadini cavesi, e non solo, ad avere fiducia, benessere, volontariato, disponibilita’ economica nei confronti di fra Gigino, amatissimo, ma per me che lo vivo da fuori anche tanto contestato e se posso permettermi “solitario condottiero”. Neppure i messaggi di Papa Francesco sembrano sortire alcun effetto rispetto, ormai, a una macchina “miracolosa del Convento/Santuario Francescano” circa la sobrietà’, la riscoperta della semplicità’, dell’umiltà, ecc. . Sono sicuro che bisogna attendere fiduciosi per comprendere poi “questo miracolo” di un Frate che probabilmente potrebbe anche essere acclamato “Santo Subito”!!!!!