Manca una settimana alla chiusura della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale di Cava de’ Tirreni.
Finora, e ci auguriamo di non essere smentiti nei prossimi giorni, tutto è filato liscio, nella più completa e più che auspicabile normalità democratica. C’è da dire, anzi, che questa competizione elettorale, la quale si annunciava chiassosa e snervante, anche in ragione dello spropositato numero di candidati, alla fine si è rivelata silenziosa oltre misura, anzi, diciamo pure che è stata maledettamente moscia e insipida.
Oddio, qualcuno potrebbe obiettare che, vista la generale modestia, per non dire pochezza, dei candidati in lizza, non c’era da aspettarsi granché, se non il grigiore e la scarsa attrattiva. Giusto. Tuttavia, bisogna anche dire che il tempo che stiamo vivendo induce la politica, e quindi i candidati, più che altro alla sobrietà, in tutto, persino nelle parole, e consiglia di non pressare più di tanto gli elettori, quantomeno per non essere mandati a quel paese.
In altre parole, una campagna elettorale sotto tono, lo si vede del resto anche per le regionali, era tra le cose da mettere in conto.
Ciò non impedisce di evidenziare come sia stato languido, ripetitivo e persino banale il dibattito elettorale, ma anche, al contrario, addirittura del tutto assente su alcuni temi strategici come, ad esempio, quello legato all’urbanistica e al governo del territorio o all’ambiente, alla difesa del suolo e al risparmio energetico, oppure inadeguato e generico su altri (rifiuti, spending review, commercio, attività produttive). In compenso, ci siamo fatti una scorpacciata di movida, sicurezza e, visto che qualcuno ne ha avvertito il bisogno, persino sul ruolo dell’associazionismo.
In un simile contesto, chi sembra trarne profitto è il sindaco uscente Marco Galdi. La sua propaganda elettorale almeno verte su ciò che ha realizzato. In altre parole, molto o poco così come buono o cattivo che sia, Galdi gioca in ogni caso sul sicuro e sul concreto, mentre i suoi numerosi avversari rischiano di parlare di aria fritta. E in questi tempi di vacche magre e di scarsità di proposte, ciò potrebbe, alla fine, anche fare la differenza in termini di consensi elettorali.
La questione vera, purtroppo, al di là delle tematiche più o meno rilevanti e dello spessore più o meno consistente dei candidati, è che non è stato proposto nessun progetto organico di città, nessuna idea guida capace di suscitare entusiasmo e creare partecipazione, nessun disegno strategico buono per stimolare la fantasia e dar vita alla speranza. E non si intravede nessuna leadership politica, ma forse non poteva essere altrimenti perché le due cose, progettualità e leadership, stanno insieme. Molto probabilmente, però, ma ciò non riguarda solo la valle metelliana, quella che stiamo vivendo è la stagione politica dell’ordinario, della sopravvivenza, della mediocrità. Insomma, che ci piaccia o meno, e a prescindere dai suoi attuali protagonisti, questo adesso offre la politica. Meglio, quindi, farsene una ragione, tanto questo passa il convento.
Parafrasando allora il titolo del bel romanzo di Gabriel García Márquez, L’amore al tempo del colera, a noi oggi ci tocca la politica al tempo della crisi. Una crisi non solo economica e sociale, ma anche di idee, di valori, di etica, di cultura, prima ancora che di uomini e di opportunità.
In conclusione, in attesa di tempi migliori, se mai verranno e se mai li vedremo, rassegniamoci a questo scenario politico scialbo e privo di appeal. Non fosse altro per evitare di farci il sangue amaro. (foto Angelo Tortorella)