La sconfitta al ballottaggio del sindaco uscente Marco Galdi è amara e senz’appello.
Negli ultimi anni, bisogna riconoscerlo, Galdi è riuscito a restare a galla nonostante che un bel po’ dei suoi iniziali compagni di viaggio lo avessero abbandonato e remassero contro. Non a caso, l’Amministrazione Galdi, soprattutto in quest’ultimo anno, è stata un po’ come un fortino assediato. Galdi aveva quasi tutti contro, ma ha resistito e reagito con caparbietà e tenacia. Certo, Galdi ci ha messo indubbiamente molto del suo, tuttavia, ritenere che questa sia solo la sua sconfitta, è del tutto sbagliato oltre che ingiusto e non veritiero.
A fallire, infatti, è stato l’intero centrodestra. A risultare tra gli sconfitti, quindi, non c’è solo chi fino in fondo è restato a sostenere Marco Galdi, ma anche chi da tempo navigava per altri lidi. Hanno perso tutti: chi è restato a destra e ha preso le distanze dal sindaco che aveva contribuito ad eleggere e che per un lungo tratto di strada l’aveva accompagnato nel governo della città, così come chi si è camuffato all’ultimo momento da civico o chi ha trasmigrato in tempo utile a sinistra.
In tale contesto, quest’ultima, sonora sconfitta del centrodestra metelliano rappresenta la fine di un ciclo, si conclude, cioè, in modo definitivo una vicenda politica iniziata con la vittoria di Alfredo Messina alle comunali del 2001.
E’ la fine di un’epoca. Costellata da due vittorie esaltanti, con altrettante esperienze politico-amministrative diverse ma comunque tormentate, concluse entrambe con un clamoroso fallimento. E con loro è stata bruciata un’intera classe dirigente. Ora rimangono, in Consiglio comunale (e non solo), gli epigoni di questa più che decennale parabola politica, ma il futuro non appartiene a nessuno di loro. A meno che, ma la cosa appare almeno oggi assai remota, Servalli e i suoi non siano capaci di fare peggio di chi li ha preceduti in questi ultimi quindici anni.
Per questi motivi, la sconfitta di Galdi è senz’appello anche per tutto il centrodestra, perché difficilmente i protagonisti di oggi potranno avere una rivincita e in qualche modo rifarsi. Senz’appello, perché bisognerà costruire qualcosa di radicalmente nuovo e diverso, ma prima occorrerà liberare il campo dalle troppe macerie, fatte da rancori e inimicizie, da reciproche diffidenze e, in molti casi, da profonda disistima.
Insomma, per ricrescere qualcosa nel centrodestra cavese servirà tempo, molto tempo. Servirà un salto generazionale e un ricambio umano profondo e radicale. Per avere un nuovo germoglio il seme dovrà avere il tempo e l’occasione per macerare, perché il terreno dovrà essere liberato dal sale della discordia che oggi lo ingombra.
Ad essere bocciata, però, è stata anche la sinistra di ispirazione marxista. Il risultato elettorale è stato deludente, per alcuni persino desolante e mortificante. Da questa competizione la sinistra comunista metelliana esce annichilita, con un peso politico ed elettorale del tutto marginale, anzi, irrilevante. Forse, per tornare a svolgere davvero un ruolo politico e non proporre più patetiche operazioni nostalgiche, questa sinistra dovrà abbandonare gli stereotipi e gli slogan di un’epoca che non c’è più, ed agire con maggiore costanza e concretezza politica nel sociale, cercando di farsi portavoce di proposte convincenti e innovative soprattutto su lavoro e sviluppo. Insomma, dovrà mutar pelle confidando, però, anche negli errori e nelle sbandate per non dire nelle disgrazie del Pd di marca renziana.
In ultimo, il Movimento Cinque Stelle. Nella valle metelliana, mai come in questi ultimi mesi, poteva rappresentare una credibile alternativa politico-amministrativa. Al contrario, il fallimento elettorale pentastellato è stato disastroso, ma non poteva essere altrimenti vista la pochezza politica dei suoi attuali esponenti locali. Un’occasione sprecata, insomma. Le prospettive, però, potrebbero essere interessanti.
In effetti, è più che fertile un terreno politico dove abbondano astenuti, scontenti e delusi, ma anche favorevole da coltivare per le difficoltà che vivono lo schieramento di centrodestra e la sinistra radicale. In altre parole, la vera opposizione fuori dal palazzo potrebbe avere nel vero associazionismo civico (e non in quello taroccato di quest’ultima competizione) e soprattutto nel movimento grillino i suoi naturali contenitori. E’, ovviamente, «solo» una questa di uomini, di idee, di progettualità. E la cosa non è per nulla facile o alla portata di tutti.
18.06.2015 – By Nino Maiorino
Condivido la lucida analisi del Direttore Petrillo, alla quale intendo portare questo mio piccolo contributo.
1) Le forze politiche (io le chiamerei in altro modo, giacché di politica in molte di esse nulla si vede) che hanno prima sostenuto e poi tradito Galdi debbono interrogarsi sui loro comportamenti altalenanti, utilizzati dallo stesso Galdi.
2) L’ “ultrasinistra” non ha più un suo ruolo, ciononostante continua a fare discorsi “duri e puri” senza rendersi conto che la società è cambiata. Tra l’altro ritengo abbia anche pesato sulla sua sconfitta qualche scelta fatta all’inizio della amministrazione Galdi, ma quanti se lo ricordano?
3) La disfatta dei pantastellati era assodata, dopo la spaccatura avvenuta.
4) Il c.d. centro-destra oramai, anche a Cava, non esiste più: ma in passato è veramente esistito? Chi lo rappresentava? Con quali ideali? Con quali programmi? Con quali prospettive? L’ultimo che io ricordi è Alfredo Messina, dopo il nulla.
5) Tutti dovrebbero interrogarsi, anche qui a Cava, sull’alto astensionismo, certamente derivante dalle vicende nazionali, ma anche quelle locali certamente non hanno incoraggiato a recarsi alle urne.