C’è qualcosa di schizofrenico nelle reazioni politiche e mediatiche sulle cose dette da Fedez dal palco del concerto del Primo Maggio.
Sono bastate tre parole, libertà di espressione e censura, ad accendere le polveri della contestazione e dei rimbalzi di accuse tra i pretoriani di uno schieramento contro l’altro.
Prevedibili le prese di posizione nel mondo social di Internet, strumentali e furbesche quelle esternate da esponenti, anche di primo piano, dei partiti.
La bufera che si è scatenata è stata originata dalla rivendicazione di Fedez, in quanto artista, di potere esprimersi senza condizionamenti e dalla incongruenza del testo con la linea editoriale della RAI. L’argomento in contestazione riguardava il DDL in discussione al Senato sulla trans omofobia, istigazione alla violenza, discriminazione e identità di genere.
Dalle parole pronunziate dal Rapper non se ne sarebbero potuto comprendere portata ed incidenza, in termini di civiltà giuridica e di convivenza social, essendosi limitato a riferire frasi di contenuto omofobo, scioccanti, pronunziate in altre occasioni da militanti o rappresentanti della Lega.
Sul punto si incrociano diritti e doveri dell’artista Fedez e della RAI che, come servizio pubblico, ha un modello editoriale che deve garantire pluralità di voci e par condicio nel dibattito politico. Da quello che ha detto Fedez si capisce che le sue parole sono delle pietre contro la Lega, sapendo di parlare senza alcun contraddittorio sulla normativa di un DDL che divide l’opinione pubblica sulle diverse sfaccettature del concetto di sesso o di orientamento sessuale.
Cosciente o no, ha oggettivamente compiuto un atto di propaganda o distruzione politica che non ha nulla a che fare con la creatività dell’artista.
Forte del favore dei suoi follower, non sorprendono i suoi video successivamente postati sui social con l’intento di sbugiardare attitudini censorie della dirigenza Rai.
Sorprende, viceversa, la messa sotto accusa della governance della Rai da parte di alcuni esponenti politici del PD e M5S (citati per rispetto della par condicio) che ne dovrebbero conoscere formazione e regole di ingaggio. Per ipocrisia o per schizofrenia è prevalsa la logica dello scontro elettorale o dell’accaparramento di fette di follower, per cui è preferibile guardare il dito piuttosto che la luna.
Dividersi pro o contro lo sfogo di Fedez o verso le ragioni dei dirigenti Rai non si rende un buon servizio pubblico per la conoscenza degli spazi dove e quando scattano le discriminazioni. E con tutte le implicazioni che vengono appresso, almeno, sapere se, parlando in pubblico, sono censurabili e da rimuovere dal linguaggio comune espressioni del tipo “gentil sesso” riferito alle donne e “sesso forte” riferito agli uomini.
Si tratta di un cambio di semantica in scienza e nella letteratura che può mettere in discussione il binarismo sessuale.
Con tutto il rispetto per l’iniziativa legislativa.