scritto da Eugenio Ciancimino - 11 Dicembre 2020 13:59

Bradisismo politico: Conte osservato speciale del Quirinale

Aula – Seduta del 9 dicembre 2020, Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri (foto tratta dal sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri)

Le comunicazioni rese dal Presidente del Consiglio dei Ministri al Parlamento avevano per oggetto la riforma del MES. Ma il relativo dibattito alla Camera ed al Senato, conclusosi con un documento di presa d’atto, ha evidenziato i segni di una sorta di bradisismo politico che mina dal basso gli equilibri su cui si regge la leadership esercitata dal Premier Giuseppe Conte nella compagine governativa.

Non c’è stata la frattura del sodalizio, né è calendarizzabile e, come tutti i movimenti della terra, al momento se ne  avvertono i sintomi e non l’imminenza dell’evento.

L’epicentro delle contestazioni, provenienti da tutte le parti, tranne dal gruppi del M5S, è Giuseppe Conte nei confronti del quale pesano non tanto le parole di Matteo Renzi (“bisogna dirsi le cose in faccia, ora o mai più”) quanto la misura del Capogruppo del PD alla Camera, Graziano Del Rio, quando lo ha invitato ad essere “più umile come Papa Francesco” e di ascoltare “le parti sociali e gli enti locali”.

In queste espressioni si avverte qualcosa che va al di là dei soliti sfoghi o malumori di partner insoddisfatti: si intravede la preoccupazione che una deriva emergenziale possa portare ad una sospensione di competenze, procedure e funzioni vigenti nel sistema di istituzioni su cui si fonda la Repubblica.

Se ne ricavano le motivazioni nella architettura prefigurata da Conte per il nuovo assetto dei servizi segreti e per la programmazione e la governance del Next generation Eu sottratte, sostanzialmente, all’ideazione e responsabilità delle istituzioni politiche ed affidate ad una regia di tecnici il cui vertice è lo stesso Conte.

Questo disegno sarebbe dovuto passare come un emendamento al Bilancio senza un preventivo e collegiale approfondimento. Perciò, si capisce la levata di scudi di Renzi, applaudita anche dai banchi del PD, quando ha detto di avere lavorato per la nascita del Governo Conte 2 per contrastare “i pieni poteri” rivendicati da Salvini, non immaginando di ritrovarsi con un Premier che pensa di decidere da solo.

Si tratta di un passaggio che spiega l’attivazione delle “diplomazie” sia gialle che rosse alla ricerca di una soluzione “bipartisan” come si evince da dichiarazioni rese da Luigi Di Maio. Come dire che Conte è sotto osservazione e non potrà sfuggire ad una verifica dello stato di salute della maggioranza politica e non semplicemente numerica di cui potrebbe disporre nei successivi appuntamenti parlamentari.

Sarà, come egli suole dire, una obsoleta ritualità di altri tempi, ma si tratta di una prassi di una repubblica parlamentare che non può non destare l’attenzione del Quirinale, perché se ci sarà un rimpasto della compagine governativa si dovrà passare dal voto di fiducia di Camera e Senato e se non la ottiene si va alle urne.

Questo è l’iter al quale è vincolato Giuseppe Conte per i suoi successivi passi, resta il dubbio sull’autore della bozza resa pubblica sull’utilizzo del Recovery Fund sconosciuta o non condivisa da tutti i Ministri sia nell’assegnazione delle poste finanziarie che nelle motivazioni.

Non si tratta di un pettegolezzo di poco conto né di dietrologia, ma di una questione di trasparenza per poter capire le fonti di ispirazione di chi ha il mandato di governare conferito dal Parlamento.

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