La inquietante vicenda che ha coinvolto il Ministro Alfonso Bonafede, l’ex Procuratore antimafia Antonino Di Matteo, e, a cascata, l’intero Governo, sulla quale ha fatto un sensato commento, su questo giornale, anche Eugenio Ciancimino, induce a qualche ulteriore riflessione.
Inquietante, perché è improvvisamente emerso, come un fulmine a ciel sereno (si fa per dire) che numerosi pericolosi criminali, mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti, quasi alla chetichella siano stati scarcerati, e nessuno ne ha saputo nulla.
Se non fosse stato Massimo Giletti a darne notizia domenica 3 maggio nella sua trasmissione su La7, la vicenda sarebbe passata inosservata; una cosa che va ad onore di Giletti e a scorno di tutti i giornalisti, cronisti o pennivendoli che sono sempre pronti a evidenziare magari lo scandaletto che coinvolge questo o quel personaggio, e che si lasciano sfuggire, certo involontariamente, di rendere pubbliche vicende di tale portata.
La cosa strana è, o almeno sembra, che, a parte qualche “blog”, e il quotidiano partenopeo Fanpage-online, pure le Agenzie di stampa nazionali abbiano ignorato la vicenda, e che nemmeno quotidiani dichiaratamente “scandalistici”, nel senso che vanno costantemente a caccia di scoop, ne abbiano dato notizia.
Preliminarmente vien da riflettere su questi silenzi, incomprensibili, e sullo stesso ruolo delle Agenzie, della grande stampa e dei media.
Ma qualche seria riflessione va fatta sul Ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, il quale non poteva non sapere cosa stesse per accadere o stava accadendo, perché delle due l’una: o non svolge a pieno il suo ruolo istituzionale, oppure lo sapeva e non ha fatto nulla per impedirlo.
E l’alternativa è molto grave perché, in un senso o nell’altro non può dirsi adeguato al suo ruolo, in quale quanto garante della giustizia, ha il precipuo impegno di evitare che il lavoro fatto in passato da organi inquirenti e organi giudicanti venga vanificato dal semplice sospetto che un contagio possa pregiudicare la salute di gente che non si è fatta scrupolo di ammazzare, compiere stragi, organizzare i peggiori crimini per venire trattati, alla fine, come detenuti privilegiati: se il pericolo di contagio da questa o da quella malattia lo corrono tutti i detenuti, perché allora non scarcerarli tutti e non solo quelli di maggior peso e condannati al regime previsto dal 41 bis?
Ma entra in ballo anche l’ex Dirigente del DAP, nominato nel giugno scorso proprio dal Ministro Bonafede al posto di Di Matteo, e cioè Francesco Basentini, che precipitosamente, e riteniamo bene abbia fatto, si è dimesso qualche giorno fa proprio in conseguenza delle polemiche suscitate dalle scarcerazioni; esempio che farebbe bene a seguire anche Bonafede.
Veniamo poi all’equivoco, col quale Bonafede cerca di giustificarsi, con il magistrato Antonino Di Matteo, ora consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura, il quale ha inequivocabilmente dichiarato, intervenendo alla trasmissione di Giletti e poi successivamenrte, che Bonafede lo aveva interpellato per offrirgli un incarico di prestigio, e l’aveva messo a scelta tra la direzione del “Dipartimento degli Affari Penitenziari”, oppure del “Dipartimento degli Affari Penali”.
Quando, dopo poche ore, Di Matteo aveva deciso, si sentì rispondere che oramai era stato escluso, ma comunque poteva optare per l’altro incarico “sul quale –avrebbe precisato Bonafede– c’era il consenso di tutti” : è facile capire, quindi, che lo stesso Bonafede lo aveva escluso su pressioni di chi non aveva dato il consenso, ma quello che non si capisce è chi avesse negato tale consenso e perché; probabilmente chi, conoscendo la statura morale di Di Matteo, non voleva che andasse a dirigere il Dipartimento dei Penitenziari.
In ogni caso è palese che Bonafede risulta o inadeguato o inadempiente, e non può trincerarsi dietro un equivoco, mi si lasci dire, abbastanza puerile, nel senso di non essersi inteso con Di Matteo: non c’era nulla da intendersi, indipendentemente dal singolo Magistrato (Di Matteo o altro), è il ruolo di Ministro che è carente, e per questo motivo, giustamente, Ciancimino ha chiesto che Bonafede riferisca al popolo, vale a dire al Parlamento, senza se e senza ma.
E dovrebbe anche avere la sensibilità di riconoscere il suo errore e “trarne le conseguenze”, come suol dirsi in politichese, vale a dire dimettersi immediatamente.
A questo punto riteniamo che entri in ballo, o almeno dovrebbe, anche la Commissione Parlamentare Antimafia in quanto è palese che c’è qualche potere dello Stato che brighi per alleggerire il regime di carcere duro al quale vari eminenti personaggi della grande criminalità sono stati condannati da una Magistratura che ha fatto per intero il suo dovere, durante tutti i gradi di giudizio, per cui nessuno può mai dubitare che qualcosa non abbia funzionato negli organismi giudicanti, ai quali, almeno in questa occasione, nulla più essere addebitato.
E se venisse tirata in ballo la circostanza che la scarcerazione sia stata disposta perché c’è qualche legge farlocca che lo consente, rientra in ballo ancora una volta la responsabilità del Ministro Bonafede il quale, invece di trastullarsi, come sta facendo ormai da più due anni, su questioni marginali, avrebbe fatto meglio a mettere mano a queste leggi e farle modificare.
E non si può escludere qualche responsabilità anche del Premier Conte il quale ha avallato nel suo primo governo due anni addietro, la carica di Guardasigilli imposta da Di Maio, e lo ha confermato anche nell’attuale: quindi anch’egli dovrebbe dare una spiegazione.
7 maggio 2020 – By Nino Maiorino – Dopo aver redatto questo articolo ho ritenuto doveroso, per scrupolo personale, tenere costantemente monitorata la vicenda leggendo la stampa di varie tendenze, anche quella più malevola verso Di Matteo, ed ho trovato concordanza di giudizio da parte di tutti e critiche nei confronti di Bonafede, pure da parte di chi è notoriamente a favore del M5S; l’unica voce fuori dal coro è quella di Travaglio del Fatto Quotidiano. Rimane quindi lo sconcerto per quello che è accaduto, e grande desiderio di appurare la verità.