scritto da Eugenio Ciancimino - 06 Novembre 2024 07:50

Assenteismo elettorale, svalutazione della politica

Il conflitto politico, sale della democrazia, relativizzato nelle narrazioni dei media ed emarginato negli sfogatosi del social, non poteva non determinare disaffezione in una moltitudine di cittadini nei confronti di un voto senza una prospettiva

foto Angelo Tortorella

Dopo il voto in Liguria le elezioni in Umbria ed in Emilia Romagna (17/18 Novembre) possono rappresentare una sorta di cartina al tornasole per verificare il fenomeno dell’assenteismo, la consistenza del M5S, le dimensioni del “campo largo” promosso dal PD e la tenuta positiva del centrodestra in dieci consultazioni regionali su undici dopo le politiche di Settembre 2022.

La diserzione dalle urne, al di là di fattori contingenti, locali e/o temporali, segna in ogni caso una forma di svalutazione della politica a livello sociale per carenza di ideali e di cultura della partecipazione al confronto pubblico. Si tratta di una sintomatologia datata dopo “la disarticolazione dei partiti e la loro deriva personalistica” (copyright del politologo Alessandro Campi, editorialista del “Messaggero” e “Mattino”).

Alla partitocrazia, egemone nella prima Repubblica, come strumento di rappresentanza e mediazione, non corrispondono nel nuovo contesto politico e sociale strutture organizzative popolari, di massa, culturalmente attrezzate di ideali e di un formale galateo istituzionale.

Il conflitto politico, sale della democrazia, relativizzato nelle narrazioni dei media ed emarginato negli sfogatosi del social, non poteva non determinare disaffezione in una moltitudine di cittadini nei confronti di un voto senza una prospettiva. Se ne capisce come, in una recente stagione, sia potuto prevalere una sorta di sbornia dell’antipolitica: infantilismo protestatario estraneo all’essenza della democrazia. Perché, passioni ideali ed interessi economici e sociali sono le motivazioni per far politica e costituiscono in democrazia le basi distintive delle offerte di ciascun partito o di coalizioni affini per comuni scopi.

Sul punto si contano le schede imbucate nelle urne elettorali e ciascuna di esse è una risposta di amicizia o riconoscenza verso il candidato (probabile voto clientelare), per il carisma del personaggio e l’empatia per i suoi messaggi (idolatria del leader), condivisione di progetti e di valori (voto di opinione). Sulla combinazione di queste variabili si giocano credibilità e fiducia le formazioni politiche in campo sia in Umbria che in Emilia e Romagna.

Salvo specificità locali, interferenze giudiziarie e dossieraggi dell’ultima ora, arrivano all’appuntamento:

a) una compagine di centrodestra elettoralmente collaudata che, nonostante le tossine interne, ha la responsabilità di confermare in Umbria la credibilità del Governo regionale uscente e di articolare una offerta capace di sovvertire in Emilia Romagna un andazzo di consensi in favore della sinistra che si ripete da decenni;

b) una coalizione di centro sinistra ballerina, frastornata da un PD in difficoltà, frustrato dagli eredi del PCI e di parte della DC le cui radici non collimano sia con il culto dell’antipolitica gridata dal M5S, nella prima versione grillina, che nelle bizzarre condotte manovriere del nuovo leader stellato e dei partner del disfatto terzo polo. Si tratta di contraddizioni che lo rendono all’occhio e nel sentire della sua potenziale base sociale incapace  di esprimere una alternativa di governo credibile: unirsi solo per sottrarre Palazzo Chigi alla destra denota carenza di idee e bramosia di potere oligarchico.

Perché, “le agitazioni di paure e fantasmi”, “la paranoia della vittoria sul male” e “gli arroccamenti” non bastano – parole di Claudio Velardi editorialista del “Riformista” – a dare “una dorsale all’alleanza di centrosinistra”. La politica, vale per la destra, centro e sinistra, si sostanzia nella realtà con l’impegno, il pensiero e l’azione dei suoi attori ed è una questione di qualità del personale eletto essere  in grado di decidere in autonomia senza condizionamenti di altri poteri non confortati di investitura popolare. La sua subalternità ad attori giudiziari o a caste burocratiche ed a oligarchi dell’economia e della finanza suona come un vulnus alla democrazia fondata sulla sovranità popolare, come l’hanno concepita i costituenti della nostra Repubblica.  Il bipolarismo rusticano, vigente da quarant’anni, ne ha accentuato la sudditanza ed ha anche abbassato il livello di consapevolezza democratica  del suo personale parlamentare “nominato” e non liberamente “eletto”.

Tra apocalisse e speranza ci sovviene una confessione di S. Agostino: “La speranza ha due fratelli: lo sdegno ed il coraggio”. Tralasciando lo sdegno negli archivi delle memorie collettive della Nazione, non ci resta che recuperare e ricomporre le forze per ripensare il modo di fare politica e coraggiosamente riformare forme e funzioni delle istituzioni, convalescenti, segnate dal tempo.

Buona salute Repubblica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.