“All’armi! All’armi! All’armi siam fascisti terror dei comunisti. E noi del Fascio siamo i componenti, la causa sosterrem fino alla morte e lotteremo sempre forte forte finché terremo il nostro sangue in cuor”.
C’è il rischio che questa minacciosa canzone del regime ritorni prepotentemente in voga nel nostro Paese? Insomma, dopo il blitz dei naziskin contro i volontari di Como di Senza Frontiere e il lancio di fumogeni sotto il quotidiano la Repubblica dei militanti di Forza Nuova a volto coperto, i fascisti stanno tornando?
Sia chiaro, i responsabili di questi episodi vanno perseguiti con fermezza e durezza. Senza se e senza ma. Parlare, però, di ondata nera, di pericolo fascista per le istituzioni democratiche, di olio di ricino, manganelli e squadrismo sfuso, ce ne corre e pure parecchio. Per fortuna.
Nessuna sottovalutazione e, soprattutto, nessunissima indulgenza, ma valutiamo il fenomeno per quello che è, ovvero increscioso, odioso e riprovevole, ed indubbiamente anche inquietante, tuttavia, assai circoscritto e scarsamente rilevante.
In fondo, vediamo un po’ i numeri. Per l’irruzione nella sede dei volontari di Como risultano indagate dieci persone. Per la bravata sotto la sede di la Repubblica sono coinvolti undici giovani iscritti a Forza Nuova. Questi i numeri dell’ondata fascista, al di là, ripeto, della gravità del gesto e nella consapevolezza che la questione non sia solo un fatto meramente quantitativo.
Forza Nuova, scrive Francesco Cancellato in un bel pezzo su LINKIESTA, è un «partito con 2.500 iscritti su tutto il territorio nazionale – la metà di Possibile di Pippo Civati, un quinto rispetto a Sinistra Italiana – e nessuna rilevazione puntuale nei sondaggi d’opinione. Ah, dimenticavamo: il miglior risultato della loro storia, in coalizione con altre forze analoghe, l’hanno raggiunto nel 2004, quattordici anni fa, quando presero l’1,26% alle elezioni europee. E non va meglio Casa Pound che alle politiche del 2003 ha raccolto ben 47mila voti alla Camera dei Deputati, pari allo 0,14%, meno della metà di quanti ne prese la lista “Aborto? No, grazie” di Giuliano Ferrara nel 2008».
In altri termini, questi signori vanno trattati per quelli che sono, una esigua, sparuta minoranza di teste calde che dovrebbero avere la dovuta attenzione da parte delle forze di polizia piuttosto che della politica.
E la politica, in effetti, farebbe bene ad occuparsi dei problemi reali della quasi totalità degli italiani: l’eccessivo carico fiscale per famiglie e aziende, la mancanza di lavoro, gli squilibri socio-economici del Paese sia in termini di territorio (con il Sud sempre arretrato e sofferente) che in termini sociali, con un ceto medio distrutto e impoverito e una forbice sempre più ampia fra chi sta benissimo e chi ha poco o niente, ma anche in termini generazionali (con gli anziani che si godono la pensione e i giovani che vivono di precarietà e incertezza), la farraginosità della struttura pubblica, gli sperperi e la corruzione della pubblica amministrazione, e via di questo passo.
Sarebbe questo, d’altra parte, il modo per combattere in concreto e non con le ciance i populismi di questi ultimi anni e, da parte della sinistra, togliere terreno di coltura a quella destra democratica di Salvini, Meloni e Berlusconi, che sembra oggi ipotecare il successo alle prossime elezioni politiche.
“Saremo pure degli inguaribili maliziosi -scrive in proposito ancora Cancellato- ma questa onda nera sembra quasi uno straordinario diversivo per evitare di parlare di quel che non va, un meccanismo identitario pronto all’uso per scatenare ondate uguali e contrarie di sdegno e orgoglio antifascista, e per compattare l’elettorato evitando di parlare di programmi e ricette, sia mai risultino divisivi e scontentino qualcuno”.
E forse è proprio così. L’impressione, infatti, è che siamo solo alle solite esagerazioni della politica, soprattutto di quella parte politica, la sinistra, mai come adesso in difficoltà, divisa, perdente.
La manifestazione antifascista di Como sembra proprio essere figlia di questa logica. Certo, meglio vedere sfilare giovani che inneggiano alla democrazia piuttosto che teste rasate che quella stessa democrazia l’hanno in odio e la vilipendono. Questo sì, tuttavia, la politica farebbe meglio a non strumentalizzare, ingigantire, sopravvalutare, e a dare con la retorica e la ritualità antifascista un palcoscenico assai più rilevante di quello che meritano di avere questi quattro balordi.
Detto questo, per sgombrare il campo da antipatici equivoci, va chiarito che l’antifascismo è e dovrebbe essere per tutti un valore condiviso, non solo a sinistra quindi, e soprattutto non dovrebbe, come purtroppo nel nostro Paese spesso accade, essere un elemento divisivo, di parte, se non addirittura fazioso. E lo stesso vale per l’anticomunismo, un valore che dovrebbe essere condiviso tanto a destra che a sinistra. Questo per dire che si può essere conservatori e di destra senza per questo essere fascisti, anzi. Allo stesso modo, si può essere di sinistra e progressisti senza per questo essere comunisti.
In conclusione, non siamo agli inizi degli anni venti del secolo scorso, quelli, cioè, in cui si affermò il fascismo sotto l’urto delle violenze e delle intimidazioni squadriste. Siamo in un’altra Italia, per fortuna. I pericoli per la nostra democrazia, le nostre libertà e, in generale, per la nostra società nel suo insieme, ci sono, eccome, e non possono che preoccupare, ma sono di ben altra natura. Basti pensare allo strapotere della finanza, delle banche, dei grandi capitali capaci di condizionare in modo rilevante la vita degli stati nazionali, persino di quelli più ricchi ed evoluti. Di sicuro, però, almeno per ora, non vi è il rischio del ritorno del fascismo, sepolto dalla storia come il comunismo. Grazie a Dio.