Venerdì 23 febbraio è stato pubblicato un mio articolo, dal titolo “Bollette elettriche… tu non paghi, allora pago io per te”, col quale ho cercato di fare chiarezza sulle false notizie, diffuse anche dalle reti nazionali Rai, riguardanti un presunto contributo di 35,00 euro che sarebbe stato addebitato sulle prossime bollette elettriche per ripianare il deficit di bilancio dei distributori di energia elettrica che ammonterebbe a circa 200/milioni di euro.
La falsa informazione, non adeguatamente smentita né da chi l’aveva diffusa, né dai media nazionali, aveva allarmato i consumatori, e anche alcune associazioni di consumatori avevano gettato benzina sul fuoco, e sui social era montata una accesa protesta.
Il tutto, probabilmente, era funzionale alla campagna elettorale perché contribuiva a denigrare maggiormente l’operato dell’attuale governo e, di riflesso, il PD: “a pensar male si fa peccato ma a volte ci si azzecca” come diceva il divo Giulio.
L’unica Associazione che aveva smentito il tutto era stata Altroconsumo, le altre avevano nicchiato.
Qualche giorno fa è giunta la smentita ufficiale, diffusa anche dall’Enel, da parte dell’ ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) la quale, tramite Clara Poletti, direttore della divisione energia, ha smentito tutte le false notizie prima divulgate, chiarendo che la “socializzazione” degli oneri per il ripianamento dei bilanci ci sarà, ma graverà al massimo di 2,00/2,20 euro in un anno su tutti i titolari di fornitura elettrica domestica, aggiungendo che una quantificazione più precisa potrà essere fatta solo nel prossimo mese di settembre in quanto, “a tutela dei consumatori il sistema prevede un processo abbastanza articolato per la quantificazione dei crediti effettivamente recuperabili”.
Quindi era tutto falso quanto in precedenza divulgato; e ciò tranquillizza i consumatori ai quali, durante le frenetiche giornate finali della campagna elettorale, la “buona” notizia è certamente sfuggita.
In proposito rimangono, però, alcune perplessità.
La prima riguarda la mancata quantificazione dei crediti recuperabili, che rasenta l’incredibile: con i sistemi computerizzati in uso una quantificazione del genere dovrebbe essere fatta immediatamente premendo il classico “bottone”, come tanti ignoranti di informatica asseriscono; d’altra parte ci chiediamo perché, visto che il buco è allo stato ancora non quantificabile, l’Arera si sia precipitata, già il 1° febbraio 2018, ad adottare la delibera n. 50 che ha creato tanto subbuglio e allarmismo.
Ulteriore perplessità deriva dalla data fissata per la quantificazione: settembre prossimo. Si sa che nel mese di settembre di ogni anno arrivano le più salate batoste economiche in quanto è proprio il mese in cui si rendono noti rincari di ogni genere per i quali i consumatori, nonostante siano continuamente tartassati da tasse, tributi, bollette e diavolerie che lo Stato e gli Enti matrigni si inventano, sembrano più disponibili ad ingoiare i rospi, grazie, forse, all’appena trascorso periodo di ferie estive.
Rimane però il discorso di fondo, vale a dire la dichiarata e imposta «socializzazione degli oneri per il ripianamento dei bilanci» come è stata chiamata, cioè la richiesta a tutti i contribuenti di partecipare ad un ripianamento di buchi di bilancio di grandi enti i quali non riescono a farsi pagare da utenti morosi le bollette dell’energia consumata e ricorrono alla platea di quelli corretti chiedendo loro di intervenire a favore di quelli truffaldini.
Un ente che distribuisce l’energia elettrica non è certamente una organizzazione sprovveduta in quanto un servizio del genere richiede grande professionalità e adeguata organizzazione non solo tecnica; se non riesce a farsi pagare da clienti insolventi, ciò sta a significare che non è all’altezza del compito chiamato a svolgere; e allora quale colpa hanno gli altri clienti, quelli che puntualmente pagano, per dover subire questa ulteriore angheria?
E’ su questo concetto che le Associazioni dei consumatori dovrebbero drasticamente intervenire, minacciando di orientare i consumatori a non pagare il contributo richiesto, pure se sarà di 2,00 euro: è il principio che deve essere salvaguardato in quanto oggi il contributo potrà essere di pochi euro; ma chi ci assicura che in futuro, per analoghe «socializzazioni», non saranno richiesti importi più consistenti?
Bravo, Nino!
E, poi, non capisco: privatizzazione dei capitali e collettivizzazione dei debiti? E’ una battuta, ovviamente! Ma condivido pienamente le tue osservazioni. Trovino il modo per sollecitare gli evasori senza gravare su chi paga con puntualità!