Salvini, gli errori della sinistra e la pochezza della politica

Confesso, in tutta onestà, che di Salvini, come di tutti gli altri big nazionali e regionali in passerella elettorale nella nostra città, non volevamo scrivere alcunché. Più che darne notizia, non volevamo andare oltre.
Quel che è successo a Cava ieri al comizio di Salvini, e il clamore suscitato sulla stampa e televisioni nazionali, merita però qualche riflessione. A maggior ragione per il profluvio di video e commenti postati sui social.
Partiamo con l’ovvio: non ci abbiamo rimediato una bella figura. Fare notizia per il lancio di sedie e altri oggetti sugli agenti della Polizia di Stato non ci fa onore. Sia chiaro, si tratta di una decina di scalmanati, una minoranza indubbiamente. Forse ha ragione Salvini quando in serata, in televisione, ha liquidato il brutto episodio affermando che non si è trattato di ordine pubblico, bensì di una questione di salute mentale. Aggiungiamo, poi, che se è legittimo contestare la presenza di Salvini in città, non è certo una prova di democrazia disturbare un comizio elettorale che, per chi sinceramente crede nei valori della nostra Carta Costituzionale, dovrebbe essere qualcosa di sacro.
Salvini, da parte sua, anche nel comizio in terra metelliana ha ripetuto la stessa solfa. Insomma, non ce ne voglia il popolo di centrodestra, ma il suo è come un disco incantato. E non potrebbe essere altrimenti, visti i chilometri che macina ogni giorno, incontrando migliaia di italiani in decine e decine di piazze dello Stivale. Questo per dire che può anche non piacere quel che dice il leader leghista, ma ha il diritto di dire la sua e i suoi elettori hanno il sacrosanto diritto di prendere parte indisturbati ai suoi comizi.
Oddio, siamo consapevoli che apparteniamo forse ad un’altra generazione. Ci hanno educati, quasi come fosse un imperativo categorico kantiano, al credo illuministico attribuito a Voltaire: «Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo». Che fa il paio, con quello non meno noto, «La mia libertà finisce dove comincia la vostra» di Martin Luther King, che riprendeva, modificandola, un’affermazione contenuta in un saggio sull’illuminismo del filosofo Immanuel Kant. Quella che stiamo vivendo, purtroppo, ne siamo consapevoli, si rivela sempre più una società liquida, come ci insegna Zygmunt Bauman. Insomma, non ci sono ancoraggi ideali, punti fermi culturali, valori forti. Tutto è incerto, relativo, opinabile, fluido, volatile. Questo, tuttavia, non ci impedisce di pensare che la libertà va difesa sempre e garantita a tutti, ma anche che il fascismo prima di essere una deriva politica è una debolezza culturale. E che l’autoritarismo, la sopraffazione, la violenza, non hanno colore politico. Sono tali e basta, a prescindere. A destra, come a sinistra, o a qualsiasi altra latitudine politica.
Per questo, al di là delle sedie scagliate sui poliziotti da qualche facinoroso, riteniamo del tutto sbagliato sbracciarsi tanto per contestare Salvini. Senza scomodare filosofi e pensatori, basta fare riferimento alla saggezza di un vecchio adagio popolare: «Il miglior disprezzo è la noncuranza».
La verità è che a sinistra si cade sempre negli stessi errori. E’ successo con Berlusconi, ora è la volta di Salvini. L’impressione è che in questo modo non si fa altro che fare un favore proprio a Salvini. Gli si fa da megafono, lo si rende vittima. E’ il modo migliore per galvanizzare tanto i suoi militanti che il suo elettorato.
Sta di fatto che la Lega negli ultimi mesi è in calo. La sinistra, però, sembra fare di tutto per darle uno mano proprio ora che è un po’ a corto di argomenti, dopo che l’Unione Europea si è data una mossa e il Covid ha fatto saltare il banco. E il governo giallorosso che fa? Si fa trovare ancora una volta impreparato sulla questione migranti, concedendo un formidabile assist al leader leghista su un tema che era diventato del tutto irrilevante.
E poi questa continua demonizzazione di Salvini e il tentativo di delegittimarlo, mandandolo addirittura a processo. Un modo assai maldestro per dargli gratis un altro formidabile palcoscenico mediatico. Dio mio, quante sciocchezze. Da un lato, aiutano a crescere elettoralmente la Lega, dall’altro, mostrano i limiti, i vizi, i difetti di costruzione della sinistra, ma soprattutto del Pd.
In un tweet di qualche giorno fa, un intellettuale di sinistra, Paolo Macry, storico, docente universitario, giornalista e scrittore, si chiedeva se «l’unica cosa che sa dire il Pd è che Salvini è “una continua minaccia alla democrazia”? tutto qui? Davvero pensa di essere votato per questo?». E concludeva con un lapidario: «la verità è che non è un partito, è un guscio vuoto».
C’è poco da aggiungere. D’altronde, se un partito come il Pd non ha ancora deciso come regolarsi sul referendum costituzionale del prossimo 20 settembre, allora vuol dire che è davvero ai verbi difettivi.
Inutile, quindi, sorprendersi più di tanto per quello che è successo ieri. Dispiace dirlo, ma è così. La politica di oggi offre pochissimi contenuti. A destra come a sinistra. In compenso, però, abbonda di slogan. Di molte chiacchiere. Di tanto odio a buon mercato. Di troppo tifo da stadio. Anzi, da Colosseo, con i politici nei panni, assai improbabili ma tragicomici di sicuro, dei gladiatori.
Perché meravigliarsi quindi di un centinaio di urlatori antisalviniani? E perché meravigliarsi di qualche sedia che vola? In conclusione, siamo onesti, la pratica politica di oggi porta a questo, non certo ad altro. Basta leggere i post dei politici o sedicenti tali sui social.
Peccato che a rischiare di farne le spese siano stati dei poveri poliziotti. Pagati poco e male per garantire l’ordine pubblico e l’incolumità. Di tutti, non solo dei politici. Anche di quella degli urlatori e dei tiratori di sedie.
Giuste riflessioni sul “comizio” di Salvini. Da buon meridionale mi viene da dire:” ma lasciatelo stare! Addà campà pur’isse!”. Amen