Salerno, il “ritmo” di Paolo Apolito, antropologo a domicilio, al Rotary Club
“Il ritmo è onnipresente nelle relazioni umane, solo che non lo vediamo, perché è dovunque: è talmente visibile che diventa invisibile. Noi abbiamo un corpo ritmico. Tutto quello che facciamo è ritmico. Ciascuno di noi ha il suo ritmo: quando stiamo bene insieme è perchè riusciamo a fondere i ritmi. Noi siamo attratti dai ritmi degli altri. I ritmi cercano di riconoscersi, di trovarsi”.
Il ritmo, la musicalità, la festa, la danza , il corpo sono i protagonisti del libro “Ritmi di festa. Corpo, danza, socialità”, edito da “Il Mulino”, che è stato presentato dal professor Paolo Apolito, Ordinario di Antropologia Culturale all’Università di Roma Tre, durante la conviviale a lui dedicata dal Rotary Club Salerno, presieduto dall’avvocato Nunzio Di Filippo, che è stato compagno di scuola del professor Apolito
“Questa sua performance teatrale è molto importante per comprendere l’antropologia che è alla base dei rapporti umani. Il professor Apolito è dotato di grandi e accattivanti capacità comunicative, è un affascinante affabulatore. Egli porta l’antropologia culturale fuori dai contesti accademici: a domicilio”.
Recuperando il suo vecchio passato di attore del “Teatro Gruppo di Salerno” il professor Apolito, che si è definito “Antropologo a domicilio”, ha presentato il suo libro come se non fosse un libro, un saggio scientifico, ma il copione di uno spettacolo teatrale: ha cantato, recitato, come solo un grande attore sa fare, suscitando grandi emozioni e suggestioni tra i numerosi presenti. Ha raccontato la storia del mondo attraverso il ritmo.
“Questo libro è una sintesi finale di un lungo percorso di lavoro che ho svolto intorno alla festa”.
Apolito ha raccontato delle feste che si sono svolte durante la guerra, come quella improvvisata spontaneamente dai soldati di due eserciti nemici:” Tedeschi e inglesi, che cantano lo stesso canto nel bel mezzo di una guerra”; o quella, nel lager di Auschwitz , dove fu deportato Primo Levi: “Festeggiò il giorno del suo venticinquesimo compleanno, in un tubo di ferro, lungo cinque metri, dove si era riparato per proteggersi dalla pioggia che non consentiva di lavorare, e dove, dall’altra estremità, era entrato un ebreo polacco che nello stesso giorno festeggiava anch’egli il suo venticinquesimo compleanno. Decisero di festeggiarlo insieme dividendosi una mezza mela. Queste feste “stralunate”, ci consentono, nella loro eccezionalità, di riflettere sull’importanza fondamentale della festa per gli esseri umani: se togliamo la festa, la musica, il ritmo, ad una società, rischiamo la perdita della coesione che si regge grazie alla disciplina ritmica “.
Apolito ha spiegato che tutte le cose della vita quotidiana le facciamo in sincrono:”Il nostro parlare è una partitura ritmica. Noi siamo animali musicali. E’ lo stesso camminare eretti con andatura bipede, che fa musicali gli umani. Poco dopo la nascita, il bambino, già cerca di andare in sincrono con la mamma che lo asseconda. La voce della mamma è come uno strumento musicale: ne riconosce il timbro, le variazioni, il ritmo. La vita dell’essere umano e tutte le relazioni che contano nel corso della vita, fino alla morte, sono musicali: l’amicizia, la simpatia, l’amore , l’affetto, sono ritmiche musicali, mentre l’antipatia, l’odio, la rabbia, creano una caduta dei ritmi, della musicalità. Quando siamo più persone si crea, senza saperlo, una comunità ritmica fondata sui ritmi. Se manca o scompare il ritmo le comunità si sciolgono, le famiglie si disgregano. E’ fondamentale che ci sia questa forma di appartenenza ritmica entro cui si costruiscono le altre forme di appartenenza. La potenza di legame di una comunità ritmica è in grado di avvicinare estranei, spingere nemici ad abbassare le armi, avversari ad abbracciarsi, persone ostili a guardarsi sorridenti, umanità sconosciute a danzare insieme”.
Aniello Palumbo