scritto da Redazione Ulisseonline - 23 Aprile 2015 09:34

Salerno, Gioacchino da Fiore alla Dante Alighieri raccontato dal professor Alfonso Tortora

“Non chiamatelo Gioacchino da Fiore, ma Gioacchino di Fiore”. A fare questa precisazione, rivolto agli studenti presenti martedì sera, nella Sala Bottiglieri di Palazzo Sant’Agostino, durante l’incontro: “Gioacchino da Fiore eretico e santo ai tempi di Dante”, organizzato dalla Presidente della Società Dante Alighieri di Salerno, la professoressa Pina Basile, è stato il professor Alfonso Tortora, docente di Storia Moderna all’Università di Salerno che,  per spiegare la  precisazione fatta, ha raccontato del suo incontro con Papa Ratzinger, quando era   a  capo dell’ex Sant’Uffizio, l’attuale Congregazione per la Dottrina della Fede: “Ero in uno degli archivi. Lui mi incontrò e, incuriosito,  mi chiese”Cosa cerca in questi archivi?”. Io gli risposi:”Cerco la verità nella storia”. Questa risposta gli piacque molto e cominciammo a dialogare. Gli dissi che cercavo notizie su un uomo dimenticato dalla storia:Gioacchino da Fiore .”Mai da Fiore!”disse Ratzinger  con impeto,”Egli è Gioacchino di Fiore. Io lo conosco,  l’ho molto amato e  studiato “. Quell’uomo, (Joseph Ratzinger) conosceva la verità. Quale verità? La storia, che è l’emozione che diventa ricordo di un percorso umano”.

Il professor Tortora ha spiegato  che Gioacchino fondò  un cenobio, dedicato a San Giovanni e battezzato con il nome simbolico di Fiore, e  spiegato  il senso dell’ereticità di Gioacchino: “Egli  cambia, nella sua vita,  la scelta dell’ordine monastico, fondandone uno a se stante. Sceglie  un nuovo percorso di vita. Questo al tempo era considerato  un atto eretico. Gioacchino è il primo che pone in essere nuovi discorsi di matrice teologale per interpretare le  sacre scritture “. Per il  professore salernitano Gioacchino da Fiore è stato:”Un  visionario, un profeta, un missionario e, sul piano teologico,  un uomo che ha aperto le coscienze della sua epoca alle riflessioni sull’essenza della divinità. Egli  scrive e  vive da Santo.  E’ un grande uomo di chiesa. Si è aperto un primo processo di canonizzazione, nel 2001, ad opera della Diocesi di Cosenza”.

La  professoressa Pina Basile, ha ricordato che Dante collocò Gioacchino da Fiore, (nato nel 1135 a Celico, un paesino della Calabria, in provincia di Cosenza),  nel Paradiso, tra gli spiriti sapienti: “Il mondo poetico di Dante è influenzato dal “Libro delle figure”, scritto da Gioacchino da Fiore,  nel quale esprime la dottrina dei tre stadi, fondata sulla trilogia trinitaria. Gioacchino, che ha conosciuto tre Papi, il Re inglese Riccardo Cuor di Leone, l’imperatrice Costanza d’Altavilla e il giovane Federico II, entra nel 1153 nell’Ordine cistercense, ma ben presto, i confratelli cistercensi iniziano ad accusarlo perchè diffonde pericolose idee”.

La professoressa Basile ha ricordato anche che le idee  di Gioacchino hanno affascinato anche Cristoforo Colombo, Michelangelo, Foscolo Mazzini, Giovanni Gentile: “E naturalmente il professor Alfonso Tortora”.

Dopo i saluti del Presidente della Provincia Giuseppe Canfora che ha sottolineato l’attualità della figura di Gioacchino da Fiore, è intervenuto via skype da Londra, il massimo esperto  vivente della figura di Gioacchino da Fiore, il Reverendo don Enzo Gabrieli, Postulatore per le Cause dei Santi che ha spiegato che Gioacchino non si è mai collocato fuori dalla Chiesa: “Anche se  ne ha sempre desiderato una sua riforma”.

Il professor Tortora, attraverso delle slide, ha spiegato che Gioacchino ha usato la figura del ” Salterio dalle dieci corde” che nell’antica civiltà ebraica veniva usato per salmodiare, per  presentare all’uomo l’immagine di Dio: “Esso rappresenta Dio nella sua dimensione triangolare”. Il professor Tortora ha  concluso il suo intervento  sottolineando l’importanza delle parole:”Le parole hanno una storia e ogni parola è un monumento della nostra memoria”.

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