Salerno, gemellaggio scientifico tra i dipartimenti di medicina dell’Ateneo salernitano e quello di Harvard
Scambi di professori, studenti, workshop, seminari ed expertise. Questo, in sintesi, il preliminare di gemellaggio scientifico tra i Dipartimenti di Medicina di Salerno e di Harvard, siglato venerdì 1° luglio, al campus di Lancusi tra Aurelio Tommasetti, Rettore dell’Università di Salerno, Mario Capunzo, Direttore del Dipartimento di Medicina Chirurgia e Odontoiatria “Scuola Medica Salernitana”, ed Imma De Vivo, professore alla Harvard Medical School, delegata da Michelle Williams nuovo Dean, cioè Rettore della Harvard T.H. Chan Public Health di Boston.
In sostanza, un ponte tra due scuole di medicina, quella di Salerno che evoca la più antica scuola di medicina di ieri, e quella di Harvard che è considerata la più famosa ed importante nel mondo oggi.
Una sinergia che parte dalla genetica, la scienza che studia i nostri geni, il Dna, i caratteri ereditari degli organismi viventi, immodificabili eppure forse influenzabili dalla epigenetica, l’ambiente esterno, nei telomeri, le estremità dei cromosomi. Pur nella nebbia di misteri ancora irrisolti, il talk show di Lancusi – condotto dai giornalisti Gianfranco Coppola del Tg3, Aldo Primicerio di Quotidiano Medicina, e Manuela Lucchini del Tg1, ha fatto emergere alcune certezze, attraverso le interviste con gli scienziati presenti e con quelli collegati in diretta via Skype da San Paolo del Brasile, Harvard e Milano.
La prima, che quello che siamo e facciamo dipende per il 30-40% dal genoma, l’insieme di tutte le informazioni genetiche depositate nella sequenza del DNA contenuto nel nucleo delle nostre cellule sotto forma di cromosomi. La seconda, che il resto di quello che siamo e diventiamo dipende dalla epigenetica, tutto ciò che circonda e che ci permea: cibo, aria, ambiente, inquinamento, lavoro, religione, famiglia, relazioni personali e sociali.
Quell’insieme che probabilmente sta influenzando positivamente l’organismo di Carmine Antonio Sofia, 102 anni, salernitano, presente al meeting di Lancusi, che ha raccontano con lucidità e spirito positivo la sua storia, compresi gli anni vissuti negli Usa da prigioniero degli alleati nel secondo conflitto mondiale.
Un’altra certezza emerge dalle parole con cui il prof. Mario Capunzo ha chiuso il meeting: che è importante quello che è stato detto e fatto, ma che è più importante quello che sarà fatto dopo il meeting.
La sinergia Salerno-Harvard, insomma, segnerà uno scatto in avanti della ricerca sul genoma e sui telomeri, gli unici veri marker biologici predittivi di malattie importanti, e cambierà anche le strategie della comunicazione sulla medicina, perché la scienza non sia un privilegio di pochi ma un fatto popolare, un bene di tutti i cittadini.