Il presepe dipinto di Giacomo Palladino trova “casa” a Maiori nel cortile di Palazzo Mezzacapo
Il presepe dipinto di Palladino è un “Vangelo della Natività”, un’opera diacronica, racchiusa tra l’Annunciazione e la Fuga in Egitto
Giovedì 8 dicembre c’è stata l’ inaugurazione del “Presepe dipinto” di Giacomo Palladino, installato nel cortile di Palazzo Mezzacapo a Maiori e tenuto a battesimo dalla vicesindaco Chiara Gambardella.
L’opera sarà fruibile al pubblico fino all’8 gennaio ’23.
Il presepe di Palladino si inserisce nella secolare tradizione dei presepi dipinti, legati strettamente alla tradizione pittorica cattolica di Natività ed Adorazioni. Essi prendono origine alla fine del ‘500, dopo il Concilio di Trento, come “Presepi di carta” prevalentemente settentrionali. Coeve sono tutte le altre scuole presepiali: la scuola Napoletana, Genovese Boema, ed altri laddove i presepi venivano realizzati con i più svariati materiali.
Molti artisti, a partire dal ‘500, si sono cimentati nella realizzazione del presepe dipinto. A Genova è stato recuperato un presepe di Sinibaldo Scorza, (1539- 1831), privo di Natività. A Palermo si conserva un presepe a tempera su cartoncino costituito da circa 250 pezzi, opera di Vito D’Anna, insigne pittore barocco siciliano.
L’ opera più conosciuta di questo tipo di presepe è quella realizzata da Francesco Londonio, esposta in questo periodo a Milano, fino all’8 febbraio, nel Museo Diocesano ”C. M. Martini”. Il presepe è stato restaurato e donato da A. M. Bagatti Valsecchi.
Il presepe dipinto di Palladino è un “Vangelo della Natività”, un’opera diacronica, racchiusa tra l’Annunciazione e la Fuga in Egitto, che si arricchisce periodicamente di nuovi innesti. Essa si compone essenzialmente di citazioni di Natività ed Adorazioni che abbracciano un periodo della storia dell’arte compreso fra il’300 e l’800. Epoche e stili differenti sono ricontestualizzati in modo originale, riuscendo a far coesistere autori molto distanti nel tempo e nello spazio. E’ una “nuova armonia che si ricrea”, che ci dice che la bellezza genera sempre bellezza.
Tra i critici e studiosi di cultura religiosa è da citare: Luigi Buonocore, Direttore del Museo del Duomo di Ravello che così scrive: “Un racconto che spazia dal gotico internazionale al colorismo veneto, passando per il sapiente disegno della tradizione toscana”.
Il Sac. Pasquale Imperati dell’Ufficio Diocesano Beni Culturali, osserva: “Mentre si attraversa lo spazio fisico del presepe, può accadere di essere sottratti al Krònos e, condotti alla contemplazione, può sopraggiungere il Kairòs dell’incontro gioioso con l’altro”.
Nella rappresentazione, l’occhio attento può scorgere un Murillo accanto ad un Lotto, un Tiziano con Reni, oppure Caravaggio accostato a Pontormo, Botticelli a Giorgione e Palma il vecchio. Lo spettatore/fruitore si incuriosisce in questa “caccia al tesoro”, e cerca e trova il signifìcato dei simboli disseminati nell’intera installazione.
Al presepe di Palladino che dopo diverse edizioni tenutosi a Minori trova per il secondo anno consecutivo ospitalità a Maiori, si sono interessati: M. Bignardi, A. Trucillo, M. Crippa, A. M. Goldoni, G. Liuccio, M. Ruggiero, P. Ruocco, L. Buonocore, P. Imperati. Nel corso degli anni non è mancato alla creazione artistica di Giacomo Palladino, l’attenzione della carta stampata e delle TV, nazionali ed internazionali.
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