Cava, Ospedale: la rianimazione al momento resta chiusa. L’ira dei sindacati
Il reparto di Rianimazione dell’Ospedale di Cava de’ Tirreni dovrà attendere ancora prima di riaprire ai ricoveri dei pazienti. Il prolungamento della chiusura scattato nel mese di ottobre continua e non si hanno notizie di una prossima riattivazione dopo lo slittamento dello scorso 20 maggio.
Alla base della mancata riapertura del reparto pare che ci siano, secondo voci di corridoio, problemi con il personale medico chiamato a rientrare al S. M. dell’Olmo. Ad oggi non si hanno notizie in merito, anche il personale medico e sanitario del Santa Maria dell’Olmo è all’oscuro di eventuali novità e, per il momento, il turno di giugno non prevede il rientro del personale prestato al “Da Procida” di Salerno per l’emergenza pandemica.
“La terapia intensiva dello stabilimento di Cava dei Tirreni – scrivono in un comunicato stampa i delegati della CISL dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Salerno Iannone, Biondino, Tortora, Pumpo, Di Pietro, Guariglia, Lopez, Panzuto e De Chiara – deve essere riaperta assolutamente”.
Nello specifico, dichiara con forza Biondino: “Per garantire con efficienza ed efficacia i fabbisogni, assicurare le prestazioni che il presidio cavese ha sempre erogato con eccellenza, senza dimenticarci che in tal modo si potrà dare continuità e soprattutto sicurezza nell’erogazione dei servizi sanitari. Questa non è più una questione di opportunità ma di necessità impellente per il bacino metelliano. Oltretutto si chiede alla direzione strategica di scorrere le graduatorie e reclutare le professionalità necessarie che risultano in carenza e dare completezza a quei reparti ancora sottorganico anche per garantire le ferie dopo oltre un anno di stremante lavoro profuso a contrastare l’epidemia ancora in atto”.
Ciò che viene contestato con maggior veemenza è il fatto che, mentre a Cava si attende per la riapertura, promessa da più parti e a gran voce, di un reparto essenziale per la sopravvivenza di un plesso ospedaliero, a Salerno i degenti in Rianimazione al Ruggi e al Da Procida – si legge nel comunicato – si possono contare sulle dita di una sola mano e questo dà il senso che tutto ciò non risponde a logiche di ottimizzazione di risorse umane e tecnologiche.