Cava, la storia di un’anima con “Cronache di un cambiamento” dell’ex sindaco Gravagnuolo
Il cambiamento del Mondo, dell’Italia, della Campania, di Cava de’ Tirreni fa da sfondo politico, culturale ed etico alla storia di una coscienza, quella di Luigi Gravagnuolo, ed alla sua evoluzione negli anni 2010-15. Questo il tema dominante del libro Cronache di un cambiamento, edito da “Il quaderno edizioni” di Stefania Spisto e presentato alla Mediateca Marte dagli onorevoli Tino Iannuzzi ed Edmondo Cirielli, dall’avvocato Gaetano Panza, dall’avvocato Guglielmo Scarlato, già parlamentare DC, da Monsignore Carlo Papa, già Vicario Generale della Diocesi di Cava de’ Tirreni, dal Sindaco di Cava de’ Tirreni, Vincenzo Servalli, con il coordinamento di Pasquale Petrillo, direttore responsabile di “Ulisse on line”.
“Un gran borghese cresciuto nel mito dell’aristocrazia materna” ha esordito l’avvocato Panza nel delineare il profilo culturale e umano dell’Autore. “Nel 68, che ha visto protagonisti non gli operai ma i figli dei signori, Gravagnuolo aderisce al PCI, ravvisando nella via nazionale al socialismo l’unica strada da percorrere e, così, nella dimora palaziata della famiglia Salsano, risuonano le note di “Bella ciao” e della Internazionale socialista”.
Sindaco della città metelliana, nel 2006, “entra nel giglio magico di Vincenzo De Luca”. Si dimette nel 2010, convinto della sua rielezione, ma la sconfitta marcata lo induce a lasciare il partito e a ripensare la politica e, così, “inventa il civismo”: la politica al servizio del bene comune, aldilà di ogni colore e schieramento, che si realizza con l’Associazione civica “Città Democratica”.
E su questo aspetto della personalità di Luigi Gravagnuolo si è soffermato anche il sindaco Vincenzo Servalli, definendo il contributo politico dell’ex primo cittadino una lezione importante per i futuri amministratori della città.
“Credevo che Gravagnuolo fosse una persona potente -ha ricordato Guglielmo Scarlato- ma poi, conoscendolo, ho scoperto che la sua potenza è quella delle idee, del suo eclettismo culturale, della empatia che stabilisce immediatamente con l’ interlocutore”. E Monsignor Carlo Papa, attento osservatore e testimone della vita cittadina, evidenziando il cammino di fede percorso da Luigi Gravagnuolo, ha individuato, tra le tante rivoluzioni nel mondo, in quella cristiana, l’unica strada pacifista e duratura.
L’onorevole Tino Iannuzzi, non senza una sottile commozione, ha rammentato l’ultimo discorso pronunciato nella sala del Consiglio Comunale, prima delle dimissioni, attraverso il quale l’allora sindaco, rivolgendosi ai cittadini, affermò che questi sarebbero stati sempre nel suo cuore e che non avrebbe mai smesso di vivere per loro. “Un linguaggio non settoriale – ha puntualizzato Iannuzzi – ma profondamente sentimentale, espressione di una passione politica senza uguali”. Edmondo Cirielli, pur mettendo in luce la distanza politica con l’ex sindaco, ne ha sottolineato le doti di correttezza, di coerenza e convinzione civica.
In questo contesto di interventi, si è raccontato il lavoro di Gravagnuolo, “Cronache di un cambiamento”, una raccolta di articoli pubblicati su “Cronache del Mezzogiorno” in questi ultimi cinque anni, frutto di una capacità di osservazione e di commento di fatti e accadimenti dall’evolversi accelerato, che l’autore ha messo a disposizione della propria comunità. “L’ironia, il graffio del fuoriclasse, la penna pungente – come ne definisce la scrittura il direttore del quotidiano, Tommaso D’Angelo, nella prefazione – sono la cifra distintiva di chi ha scelto la libertà e non i lacciuoli editoriali che lui ha sempre combattuto”.
Tanti i temi sapientemente sviscerati ed offerti agli ospiti da Pasquale Petrillo, che ha definito glocal il testo di Luigi Gravagnuolo.
Primo fra tutti quello dei movimenti pro e no global con la conseguente caduta delle categorie che hanno retto la storia del mondo, dalla Rivoluzione francese ad oggi.
Difatti, all’indomani della seconda guerra mondiale, con le due superpotenze, Unione Sovietica e Stati Uniti, il comunismo e la democrazia liberale avevano in pratica, diviso il mondo in uno scontro di civiltà, che si manifestò con quella che venne definita “guerra fredda”. Si parlò di cortina di ferro, in Europa, di cortina di bambù in Asia, quali simboli di una divisione politica, ma anche di sviluppo sociale, economico, culturale. Sul terreno politico le declinazioni erano Sinistra e Destra, anche se in molti casi, come in Italia, vi fu un centrismo che, per molti versi, fu ago della bilancia di contrapposti modelli. La caduta delle “categorie”, cui si accennava, e la facilitazione dell’informazione hanno portato il mondo di oggi al “villaggio globale”, tant’è che il contrasto principale è tra globalizzazione ed identarismi nazionali, regionali, etnici e religiosi.
Tuttavia, il discrimine non è netto e le due visioni del mondo appaiono, semmai, trasversali alle classi sociali, alle regioni del mondo, e alle stesse ideologie politiche. In pratica si è assistito a dei veri e propri capovolgimenti di posizioni, soprattutto quando, con la caduta del muro di Berlino, finì un’epoca di “sinistra” storica e sembrò che tutto dovesse andare per il meglio con quel capitalismo sul quale l’allora Papa Giovanni Paolo II mise in guardia la società civile e politica. Senza contare gli attuali terrorismi internazionali, più o meno ammantati di “guerra santa”, che dall’America sono passati in Europa. Insomma “un bel guazzabuglio” come scrive l’autore.
Gli inevitabili cambiamenti mondiali non hanno, di certo, lasciato indenne l’Italia, dove, scomparse le tradizionali sigle politiche, spazzate da “mani pulite”, la contrapposizione si manifesta con la destra berlusconiana e la sinistra ulivista, schieramenti che hanno raccolto da ogni direzione politica gli orfani dei tradizionali partiti della prima repubblica. Terzo polo (e sembra una vocazione tutta italiana) il “Movimento 5 Stelle”.
Ancora una volta saltano gli schemi tradizionali cui la società si era appena abituata e le carte vengono di nuovo mischiate: in ogni schieramento si ritrovano pro global e no global che prima erano in posizione, se mai, antitetica. L’ascesa politica di Renzi non fa che rafforzare una certa “personalizzazione” degli schieramenti: come all’interno di Forza Italia si trovavano i berlusconiani convinti e i finiani, così all’interno dell’attuale PD si ritrovano i renziani, i dalemiani, i bersaniani e via dicendo.
E le “cadute” politiche e di campo, in Campania fanno registrare un napolicentrismo imperante, retaggio di una nostalgia di capitale di un Regno malamente soppresso. Ampia si stende quella “notte nera in cui tutte le vacche sono nere” di hegeliana memoria. Al governo di destra di Stefano Caldoro, succede un “irregolare del centro-sinistra”, a conferma di quanto accade nel mondo dopo la caduta di tutti gli steccati.
Non poteva, Luigi Gravagnuolo, tralasciare le sue riflessioni su quanto succedeva nella sua città, Cava de’ Tirreni: l’autore racconta le vicende del trionfo di Marco Galdi, nel 2010, alla perdita di consensi, sino alla recente vittoria del centro-sinistra di Vincenzo Servalli nel 2015. E non dimentica i problemi che affliggono la sua città, problemi di sempre come l’abusivismo edilizio, il trasporto pubblico, l’ecologia e le discariche, l’ospedale S. Maria dell’Olmo a rischio chiusura, le moderne archeologie industriali (quale destinazione?), i prefabbricati post-sisma, Villa Alba. Problemi che hanno appesantito la crescita della città. Anzi, secondo l’autore, il cambiamento registrato in questi anni è stato peggiorativo e non solo per la crisi che ha coinvolto tutto il mondo occidentale, anche per una mancanza di progettualità condivise e di coesione nella compagine amministrativa.
In pratica, la lente d’ingrandimento usata da Luigi Gravagnuolo è stata attenta, puntuale, ma anche spietata, procedendo con quella capacità di analisi che anima il “giornalista di razza”. Da qui l’inevitabile dibattito condotto da Pasquale Petrillo con i suoi ospiti. Un dibattito articolatosi su tre direttive, fortemente ancorate all’attualità: leadership politica e partitica, Mezzogiorno e Unità d’Italia, rapporto tra Europa e Russia e il cogente dibattito sulla nuova legge elettorale.
E’ la grande lezione di Aldo Moro, secondo l’on. Tino Iannuzzi, a dover lasciare spazio, ancora oggi, alle riflessioni sulla leadership, di cui a volte si perde il filo, per mancanza, di riferimento fisico. Mentre per Guglielmo Scarlato, studioso attento, l’Unità d’Italia era “ineludibile”, ma compiuta in malo modo e da una “dinastia” che si era inventata con le “campagne di ventura”: il ritorno dei Savoia in Italia dopo la cacciata referendaria del 1946 docet. Così come Edmondo Cirielli dichiara ineludibile l’attenzione che il mondo occidentale dovrebbe rivolgere alla Russia e questo a conferma di quegli schieramenti originari ormai saltati e capovolti. Esito referendario sulla riforma costituzionale è ancora un argomento da meditare a lungo, mentre la riforma elettorale è carne viva messa a cuocere: bisognerà avere ancora un po’ di pazienza.
Un parterre di relatori e di partecipanti di grande prestigio e di diverse posizioni, a riprova dell’alto valore della pubblicazione di Gravagnuolo, tant’è che, riandando alla storia ebraica, non ha esitato a definire quel consesso il “Cortile dei Gentili”, uno spazio nel quale le diversità trovano il dialogo.
“Cambiamento è tolleranza – ha sostenuto con trasporto a chiusura dell’incontro -questo è il mio sogno ed il sogno di Città Democratica è stato quello di mettere insieme persone ricche di valori per dare un contributo alla propria comunità perché possa essere accompagnata nel suo cammino di crescita. Il sogno non è svanito: la speranza di una città ben amministrata, dove ci sia dialogo, dibattito ed una classe politica disponibile al servizio, ma senza ricerca degli onori”.