Cava, incontro con l’ex camorrista Rega al Liceo Scientifico “Genoino” per il progetto “Educazione alla legalità”
“Parliamoci chiaro, ragazzi, io sono un ex camorrista, ma non sarò mai un ex assassino”. Con queste parole, Cosimo Rega, due omicidi alle spalle, una condanna all’ergastolo ostativo, 41 anni di carcere scontati finora, un riscatto elaborato attraverso lo studio e la passione per il teatro, l’amore incondizionato della sua famiglia che gli ha consentito di ricostruire una vita distrutta a 25 anni, si è presentato ieri mattina agli studenti del Liceo Scientifico “A. Genoino” di Cava de’ Tirreni.
Il suo intervento si inserisce in progetto più ampio, quello di “Educazione alla legalità” che il Genoino porta avanti da anni, per diffondere la cultura della legalità soprattutto tra i giovani.
Nella lunga intervista-testimonianza, condotta magistralmente dalla dirigente scolastica prof.ssa Stefania Lombardi, coadiuvata da alcuni studenti delle classi quinte, Rega racconta la sua storia, dall’infanzia fino ad oggi: una discesa negli abissi dell’umanità, la consapevolezza dell’orrore in cui era precipitato, la risalita, fino alla rinascita di un uomo nuovo, che non dimentica, però, ciò che è stato. Potrà liberarsi dell’etichetta di camorrista, ma il rimorso per aver tolto la vita a due persone è una condanna, che vive quotidianamente, ben più grave dell’ergastolo stesso. Cosimo non è un collaboratore di giustizia e il suo pentimento è privato e raggiunto dopo anni di lavoro su se stesso.
La sua è una storia forte, narrata senza sconti, attenuanti o pietosi infingimenti, con la consapevolezza che non si può attivare il rewind della vita ad un attimo prima di diventare un assassino. “Se potessi, vorrei prendere per il collo il ragazzino che sono stato e dirgli di fermarsi”, aggiunge a proposito del suo passato. Il momento più terribile? Leggere la delusione negli occhi dei figli quando ha confessato che tutto ciò per cui era stato condannato era vero.
Tuttavia, questa delusione gli dà la forza per tentare la risalita: una laurea in filosofia, la scrittura, il teatro (ha interpretato il giudice Borsellino in una pièce teatrale scritta da lui), il cinema: i fratelli Taviani lo hanno voluto nel cast del film “Cesare deve morire”.
Insostituibile, in questo percorso di rinascita, l’amore della moglie Gelsomina, che non si è arresa al muro del carcere che avrebbe potuto separarli per sempre, portando a compimento anche il progetto della loro famiglia, e dei figli che sono sempre vissuti nel pieno rispetto della legalità.
Da sei anni, ogni giorno Cosimo esce da Rebibbia, si reca al lavoro a Roma 3 (è addetto al protocollo), pranza con la moglie e nel pomeriggio si dedica al teatro: laboratori per persone con disabilità. Alle 11 di sera rientra in carcere, dove trascorre anche le festività.
La storia di Cosimo Rega ha catturato l’attenzione degli studenti presenti in aula magna, che ascoltavano nel più assoluto silenzio, a tal punto che l’incontro si è protratto per oltre un’ora dopo i saluti: i ragazzi volevano sapere e Cosimo rispondeva.
“Chi delinque sfrutta la paura degli altri, ma, in realtà, è una persona fragile. Ribellatevi a qualunque forma di criminalità, di corruzione. Studiate, perché solo attraverso la cultura sarete veramente liberi”. Questo il messaggio conclusivo di una giornata che ha provocato riflessioni profonde negli studenti e rafforzato la consapevolezza che la detenzione possa rappresentare un’occasione di rieducazione. (Erminia d’Auria)