Cava, Festa di Montecastello: continuano le proteste dei cittadini per lo spostamento dei fuochi pirotecnici
I cittadini di Cava de’ Tirreni non ci stanno e chiedono che lo spettacolo pirotecnico per la festa di Montecastello venga spostato da domenica 30 giugno a sabato 29.
Non si placa la scia di polemiche e proteste da parte dei cavesi infuriati dalla notizia che il tradizionale gioco pirotecnico alle pendici del castello di Sant’Adiutore che, come da tradizione, si svolge il sabato sera al termine della Benedizione dei Trombonieri, quest’anno è stato spostato al giorno successivo.
Quest’anno il programma della 363ª edizione dei Festeggiamenti in onore del Santissimo Sacramento e la rievocazione del Miracolo Eucaristico del 1656 vedranno un ulteriore allungamento di un giorno delle manifestazioni, appunto la domenica, che si concluderà con il classico spettacolo pirotecnico caratterizzato dal sapiente mosaico di luci, riflessi e suoni. Questo il motivo ufficiale dello stravolgimento della tradizione tanto cara alla città ma, in verità, pare certo che sia la concomitanza il 29 con la festa di San Pietro a Cetara ad aver fatto prendere tale contrastatissima decisione.
Inutile dire che la città di Cava solitamente non si svuota per andare ad assistere allo spettacolo dei fuochi d’artificio nelle acque del piccolo e grazioso Comune della Costiera amalfitana, né lo farebbe nel giorno della sua Festa per eccellenza; inutile anche dire che questa logica assoggetta l’orgoglio e il senso di unione e appartenenza dei cittadini metelliani che si sentono mortificati nella loro identità. E’ inutile perché sarebbe scontato e solo un cavese doc può comprenderlo. Non si comprende, invece, questa irrevocabile volontà da parte dell’Ente organizzatore di andare contro le richieste di un’intera città.
Da indiscrezioni raccolte per strada siamo venuti a conoscenza del fatto che, posta la questione al sindaco Vincenzo Servalli, questi si sarebbe fatto promotore della richiesta di spostare lo sparo dei fuochi al sabato, ma l’organizzazione si è mostrata irremovibile e sorda alla richiesta.
Un’intera città (escluso qualcuno che ha parlato di rapporti di buon vicinato e di buonsenso) si sente defraudata da questa presa di posizione e non lesina critiche. C’è chi parla di “braghe calate” e sottomissione dinanzi ad altre realtà territoriali con la schiena più dritta, e chi dice che è tutto da rifare se si vuol far diventare la Festa (che tanti amici di città confinanti ignorano esista) in una realtà nazionale. Infine, qualcun altro, ironizzando, si chiede se alla prossima Sagra della Zeppola di qualche altro comune ci saranno ulteriori cambiamenti di programma.
In questo bailamme due cose sono certe: i cavesi chiedono fortemente che la decisione venga revocata, qualunque siano i motivi alla base della scelta, essa si è rivelata fortemente impopolare.
Le tradizione debbono fungere da collante e da elemento di aggregazione tra le genti, per essere così è indispensabile, però, una continuità. Solo in questo modo la tradizione si distingue dalla semplice moda. In un’epoca di cambiamento, la continuità è qualcosa di cui la gente sente il bisogno e desidera. E di questo si sentono derubati i cavesi.