Sembra incredibile che una città civile come Cava si dimostri tiepida nel ricordo delle vittime delle foibe, la cui commemorazione si è tenuta, come ogni anno, il 10 febbraio scorso, con una cerimonia ufficiale presso il Parlamento.
Nessuno dovrebbe rifiutarsi di partecipare alla commemorazione di quelle vittime, il cui numero esatto non è stato mai quantificato, si parla di circa 5.mila nostri connazionali che vennero gettati, molti ancora vivi, nelle numerose cavità naturali delle quali è ricca la penisola istriana.
Il ricordo è importante anche per trasmettere alle giovani generazioni la memoria delle violenze subite a causa delle diversità, etniche, politiche o di qualsiasi altra natura.
Ogni città ha ricordato quelle vittime, le quali, però, sembrano non trovare pace nemmeno dopo oltre 75 anni dagli eccidi, una pulizia etnica della quale si resero responsabili i soldati dell’esercito jugoslavo di Tito, anche come rappresaglia nei confronti degli italiani, colpevoli di appartenere a un paese che aveva commesso violenze contro le popolazioni jugoslave.
Violenza chiama violenza, e tanti sono gli episodi storici che lo confermano.
E quando le truppe di Tito, con la collaborazione dei Movimenti Sloveno e Croato, riuscirono a cacciare oltre il confine l’esercito fascista, ripagarono le violenze subite con altrettanta violenza contro gli italiani residenti nell’Istria, inclusi Squadristi e Gerarchi locali, Podestà, Segretari e Messi comunali, Carabinieri, Guardie campestri ecc.: un segno della diffusa volontà di spazzare via chiunque potesse far ricordare l’ingerenza italiana.
Ma le persone di buon senso dovrebbero, dopo tanto tempo, ricordare in maniera più sobria e pacata ciò che accadde e testimoniare gli eccidi per tramandare ai posteri, in particolare alle giovani generazioni, il ricordo di quelle violenze, così come si testimonia in tutto il mondo l’orrore della Shoah, dei campi di sterminio, e di tutto ciò che è avvenuto all’epoca del fascismo e del nazismo, e nessuno se ne scandalizza più.
E il ricordo si trasmette anche con la intitolazione di una piazza, di una strada o di una villa.
Ma qui a Cava questa celebrazione è stata alquanto tiepida ed ha innescato una polemica che ha coinvolto il Sindaco Servalli e la amministrazione cittadina, e due partiti di sinistra, il Partito Comunista e Rifondazione Comunista, contrari ad intitolare alle vittime delle foibe la villetta a lato della stazione ferroviaria.
Ma non è che gli altri partiti, pure facenti parte della maggioranza che governa la città, si siano infervorati più di tanto.
Le persone di buon senso avrebbero dovuto e caldeggiarla, lasciando la responsabilità del parere contrario solo ai due partitini dell’extra-sinistra.
L’idea di intitolare alle vittime delle foibe la villetta a lato della stazione ferroviaria, come si ricorderà, è stata del rampollo dell’On. Cirielli, il giovane Italo, eletto al parlamentino cittadino col partito FdI e la proposta era stata accolta dal Sindaco Servalli.
A quel punto i due partitini, PC e Rifondazione, non solo si sono dichiarati contrari, ma hanno preso una posizione dura anche contro la celebrazione della memoria, accusando Servalli di stare in combutta con la destra sociale, e di essere un cavalier servente di Cirielli padre.
I due partitini hanno commentato che la celebrazione sarebbe legata ad un annoso processo di “revisionismo storico e revanscista” sostenuto dalla sinistra borghese fino alla destra nazionalista; fra l’altro il revanscismo sembra far parte proprio della ideologia comunista, sconfinante con una specie di nazionalismo.
Insomma, al Sindaco Servalli, secondo questi duri e puri, sarebbero venuti rigurgiti di nazionalismo.
Ovviamente ci sarebbe molto da riflettere sul significato del termine, perché il “nazionalismo” certamente non è quello, o solo quello, che intende il P.C. in quanto, nel senso più esteso, è una dottrina che attribuisce un ruolo centrale alla idea di nazione e di identità nazionale; dottrina che ancora regge, ma non sappiamo fino a quando perché le vecchie generazioni, che hanno vissuto anche gli orrori delle due guerre mondiali, in parte ancora si riconoscono in essa, ma le giovani generazioni, il nostro futuro, non la seguiranno perché già proiettate nella Unione Europea: saranno cittadini d’Europa, o del mondo.
C’è pure da riflettere che il partito FdI, diretto da Giorgia Meloni, ha le sue radici nell’ex MSI, il partito che all’epoca, e ancora oggi, si ispirava al ventennio fascista e a tutte le tristi conseguenze di quel regime; e non bisogna dimenticare che l’esercito italiano, con le mire di conquistare un Impero, si era spinto anche verso la Jugoslavia commettendo non poche violenze ai danni delle popolazioni frontaliere.
E se un componente dello stesso, come il giovane Cirielli, chiede di intitolare la villetta alle vittime delle foibe, non è detto che lo abbia fatto per ricordare le violenze degli ex comunisti titini, perché farebbe immediatamente ricordare quelle del nostro esercito e degli Squadristi fascisti: è più che possibile che lo abbia fatto solo per un senso di pietà verso le vittime.
Come avviene per le vittime dei campi di sterminio nazisti, anche le vittime delle foibe istriane hanno la dignità di essere ricordate, e specialmente in una città come la nostra che ha dato i natali a personaggi che hanno sacrificato la loro vita per difendere la patria dalle atrocità nazi-fasciste, e che ha conferito la cittadinanza onoraria a Settimia Spizzichino, romana di nascita ma cavese di adozione, unica ebrea sopravvissuta al rastrellamento del ghetto di Roma, diventata una delle testimoni della Shoah italiana.
Ma che ha avuto anche il privilegio di essere la città natale di un personaggio come Mamma Lucia, Lucia Apicella, la quale non esitò a raccogliere i resti mortali di tanti militari, sparpagliati sulle colline metelliane, senza sapere a quale esercito appartenessero, accumunandole nella “pietas”, sentimento dell’amore, della compassione, del rispetto per i morti.
Ed è proprio nel ricordo di queste persone che nessuno dovrebbe mai opporsi alla commemorazione di vittime della violenza, tutte, comprese quelle delle foibe.
Dinanzi alla morte occorre una sola cosa: essere seri.