Trincerone e sottovia: da calvario vissuto a possibile farsa

Oggi voglio parlare di calvario, tragedia, dramma, commedia e farsa.
Non tutto insieme, per carità, uno alla volta come canta Figaro in una delle aree del famoso Barbiere.
E voglio farlo in occasione della tanto pubblicizzata apertura del tratto del trincerone che dalla località Tengana porta al Piazzale Gravagnuolo: in pratica è come l’ipotenusa (lato obliquo) di un triangolo rettangolo percorrendo la quale si azzera quasi il traffico sui due cateti (i due lati che formano l’angolo retto): così la bretella inaugurata evita che il traffico Salerno- Napoli o Napoli-Salerno attraversi Piazza Nicotera e libera dalle auto tutta quella parte della città tra le chiese della Madonna dell’Olmo, di San Francesco, l’Ospedale e il ponte verso Salerno.
Qualche giorno prima della inaugurazione, avvenuta in “pompa magna” da parte del Sindaco Servalli, con la benedizione del nostro Arcivescovo Soricelli, alla presenza di autorità e parlamentari, e con il consueto taglio del nastro tricolore, c’era stato un quasi trionfale annuncio dell’evento, sui social, sulla stampa locale, e anche con l’affissione di manifesti.
Qualcuno con la lingua “spuntuta” aveva obiettato che di tutta quella pubblicità si poteva benissimo fare a meno, visto che a distanza di oltre trent’anni l’opera è ancora incompleta e chi sa quanti altri decenni dovranno passare prima di vederne la fine, e che non capiva quali meriti avesse avuto Servalli visto che solo dopo oltre due anni di sua amministrazione inaugurava la bretella; il “nostro” spesso ha torto, e pure questa volta non ha ragione, visto che Servalli ha fatto il possibile per completare il lavoro.
L’avvenuta inaugurazione, che io chiamerei piuttosto una “mini-inaugurazione” in considerazione della mini-bretella aperta, mi dà lo spunto per tornare al titolo di questo mio scritto, e di parlare di calvario, tragedia, dramma, commedia e farsa.
Il sanguigno attuale Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, quando era Sindaco di Salerno, ebbe più volte a dire che in Italia portare a compimento un’opera pubblica è un calvario: un percorso doloroso simile a quello di Gesù Cristo condotto al supplizio della croce.
De Luca si riferiva alle traversie alle quali un pubblico amministratore deve sottostare per portare a compimento un’opera; e giacché il “buon” De Luca di opere pubbliche ne ha fatte tante (onore ai suoi meriti), chi sa meglio di lui quante siano dolorose le vie da percorrere.
E pure il progetto cavese del Trincerone-sottovia ha determinato per tanti pubblici amministratori, e non solo, calvari e supplizi continui per oltre un trentennio, per cui ben ci “azzecca” (come direbbe il mio amico Di Pietro) il detto di De Luca.
Dato atto del percorso doloroso, veniamo ora alle fasi di una realizzazione, piccola o grande che sia, che io paragono agli “atti” nei quali si dividono le opere teatrali, che siano Tragedie, Drammi, Commedie o Farse: in genere tre, talvolta quattro, in qualche caso uno, ma certamente in numero molto limitato.
Ma ciò non vale per le opere pubbliche, in quanto per esse i tempi scenici sono in numero molto maggiore, legati ai tempi delle realizzazioni, in Italia lunghissimi, a volte non quantificabili, come nel caso dell’opera di cui stiamo parlando; e quand’anche sembra che, finalmente, si stiano concludendo, c’è sempre un avvenimento imponderabile che ne rinvia la conclusione alle famose “calende greche”, in tutto ciò complici, a volte colpevolmente inconsapevoli dei danni che fanno, Governo centrale, vari governi locali (Regione, Provincia), Enti di tutela (Sovrintendenza), Magistratura e Tribunali vari (principalmente quelli amministrativi dei quali più d’uno invoca la soppressione).
E, a furia di rinviare, allungare, procrastinare, con tutti gli iter burocratici connessi, negli anni (spesso decenni) un’opera transita per le varie fasi sceniche alle quali ho prima fatto cenno, passando dall’iniziale tragedia al dramma, per stemperarsi nella commedia: tanto gli uomini sono come spugne, un poco alla volta si abituano a tutto.
E ora che, con la prossima (speriamo) apertura delle due rampe sotterranee Sa-Na e Na-Sa, sembra “finalmente” completato ciò che è stato costruito, si dovrà iniziare a progettare la logica conclusione di un’opera tanto bella e costosa quanto pressoché inutile se si ferma qui, visto che l’idea di coloro che oltre trent’anni addietro l’hanno avviata era quella di portare il traffico veicolare oltre la stazione di Cava, liberando la città dalla morsa che la sta stritolando.
Sembra che l’Amministrazione ci stia già lavorando e che abbia avuto l’impegno della Regione Campania di un finanziamento di otto milioni di euro per portare a termine il progetto.
Ce la faremo? Vivamente mi auguro di si, per il bene della città: in mancanza, la conclusione avrà il sapore di una farsa.
17.11.2017 – By Nino Maiorino – Nella foto di Gabriele Durante si vedono benissimo gli archi che sostengono la bretella, che la Sovrintendenza considerava difformi al progetto e lesivi del paesaggio; una diavoleria che ha fatto perdere altri anni all’apertura della strada, per una eventuale difformità che, se pure ci fosse, non nuocerebbe comunque a nessuno nè tanto meno al paesaggio, visto che è tutto sotto il piano strada. Anche queste cose costituiscono calvari e farse.