L’aggressione subita pochi giorni fa dal dirigente comunale Francesco Sorrentino ci ha lasciato basiti ed allarmati non solo perché conosciamo i protagonisti, sia la vittima che l’aggressore, ma per la violenza con cui è avvenuta e il luogo in cui è stata perpetrata. La ragione, poi, diciamo la causa scatenante, è del tutto sproposita e infondata.
Eppure è successo. E a Palazzo di Città.
La lettera, poi, che il dirigente scrive al sindaco Servalli e al Prefetto, svela scenari a dir poco inquietanti.
Diciamoci tutta la verità: il Palazzo di Città, in qualsiasi epoca, almeno da quando lo frequenta chi scrive, è stato sempre un verminaio. E’ un luogo dove, a volte più a volte un po’ meno, hanno sempre trovato spazio il pettegolezzo nelle forme più elevate, le invidie, la mediocrità, i tranelli, e quanto di peggio possa venir fuori dall’animo umano. Oddio, spesso ciò avviene in qualsiasi contesto lavorativo, sia chiaro. A Palazzo di Città, però, si arriva a vette inaccessibili sia perché è il luogo della politica, anche come declinazione della cattiva politica, ma anche perché il Comune è la trincea, il fronte, essendo l’ente pubblico più prossimo al cittadino, che chiede risposte anche su questioni le cui soluzioni si trovano a Napoli se non a Roma.
E, a quanto pare, il verminaio di Palazzo di Città ha colpito ancora, forse aizzando, in qualche modo che è tutto da scoprire, un ex dipendente nei confronti di un dirigente. Ciò non attenua né tanto meno giustifica neanche lontanamente le responsabilità di un gesto esecrabile, ma prefigura uno scenario tanto squallido quanto preoccupante.
Vediamo cosa verrà fuori dall’indagine in tal senso chiesta dal dottore Sorrentino.
Quel che temiamo sia successo, e che non riguarda una responsabilità di tipo penale, è che il dottore Sorrentino sia stato lasciato solo. Dagli uffici comunali. Dalla politica. Forse è stato tradito se non addirittura mandato al macello in una delle stanze del Palazzo di Città. E come sempre succede chi è lasciato solo diventa il capro espiatorio e, purtroppo, anche un possibile facile bersaglio.
Chi scrive ne sa qualcosa, avendo vissuto agli inizi di questo millennio, anche se in un ruolo diverso e più modesto di quello occupato da Sorrentino, un’esperienza particolarmente difficile fatta di intimidazioni e calunnie.
Per questo, fa bene Sorrentino a chiedere al sindaco Servalli di garantire il buon andamento degli uffici e la sicurezza dei dipendenti comunali. La politica non può limitarsi alla solidarietà o a costituirsi doverosamente parte civile, ma deve assumersi la responsabilità di dare risposte concrete e trasparenti tanto ai cittadini quanto ai dipendenti, soprattutto stanando chi semina zizzania e quanti inquinano l’aria del Palazzo di Città. In altre parole, bisogna mettere in campo un’operazione di bonifica, di risanamento morale e comportamentale.
Il Comune, il Palazzo di Città, purtroppo, era e resta un suk, un luogo dove si entra e si esce senza particolari controlli, dove si tengono troppe manifestazioni, che potrebbero e dovrebbero trovarsi altrove, invece di riservarlo ai pochi e selezionati eventi istituzionali.
A ciò si aggiunge la necessità che politici e dirigenti facciano squadra. Insomma, che anche in questo, come recitava uno slogan elettorale di Servalli, nessuno resti solo come purtroppo sembra essere capitato a Sorrentino.
Stiamo a vedere quali saranno gli sviluppi. Per ora di sicuro c’è una vittima. Non è escluso che il carnefice, però, possa alla fine risultare, sotto certi aspetti, anche una vittima strumentalizzata da qualcuno.
Esprimo tutta la mia solidarietà al dirigente Sorrentino, purtroppo questo è dovuto, ahimé!!, all’assenza di uno Stato, uno Stato che non riesce sempre a proteggere tutti, uno Stato che seppur connotato nell’ambito cittadino dovrebbe alzare la guardia e proteggere tutti i suoi dipendenti, affinché ciò non accada più.