L’ex sindaco Gravagnuolo resta una speranza per riaccendere la politica cittadina
Confesso che l’intervista all’ex sindaco Luigi Gravagnuolo, pubblicata oggi dal nostro giornale, mi ha di primo acchito un po’ deluso.
Mi è parso di vedere troppa moderazione per uno come lui abituato a essere deciso e puntuale, per nulla incline ai toni del grigio.
E poi una sensazione di rassegnazione poco confacente al suo spirito combattivo. “Hai voglia di sbatterti -afferma il nostro- nemmeno con la frusta riusciresti a rimettere in moto il grande fermento di fine XX ed inizi di questo secolo”.
Questo, ad una lettura veloce e superficiale. Quello di Gravagnuolo è un pensiero complesso e compiuto, per cui ponendo la dovuta attenzione la prospettiva muta del tutto.
Certo, l’ex Sindaco è garbato nei modi, ma l’affresco, in cui colloca e valuta l’attuale primo cittadino Servalli, è nella sostanza dei contenuti di una durezza unica. “Non suona le fanfare, non fa sognare -dichiara Gravagnuolo- ma bene o male fa la sua parte quotidianamente. Certo non brilla per visione strategica e determinazione al cambiamento, ma non pesta i piedi a nessuno e non rompe gli equilibri consolidati della città”.
E che si deve dire più di questo per rappresentare l’insufficiente grigiore di Servalli e soci? Una bocciatura più definitiva di così è difficile da mettere in campo. E chi lo dice è un ex sindaco che ha ricoperto quel ruolo con decisionismo, a volte anche eccessivo, pagandone per questo le conseguenze. E soprattutto con una visione strategica ed un’idea forte di città proiettata nel futuro. Magari in tutto o in parte non condivisibile da molti in città, ma con una capacità progettuale ed una tensione etica di prim’ordine. Degna di un leader, di un politico ed amministratore comunale di altissimo livello. Insomma, il contrario di quello che oggi si ritrova ad avere la città metelliana.
Qualche dubbio, ma forse la mia è solo una speranza, lo nutro sulle sue conclusioni al riguardo: “Ho l’impressione che ai Cavesi vada bene così”. Forse era così fino a qualche mese fa. La sensazione è che negli ultimi tempi i cavesi sembrano diventare sempre più insofferenti e critici sia rispetto all’attuale andazzo politico-amministrativo sia nei riguardi nel modus operandi di Servalli e dei suoi.
C’è poi l’analisi socio-politica e culturale sul presente che vive la nostra città e più in generale il nostro Paese. Quella che Gravagnuolo descrive è una realtà cruda. Dura e pura. Può non piacere, ma quella è.
“Non giriamoci attorno -avverte Gravagnuolo- la società civile cavese sta vivendo una fase di mesta, indolente rassegnazione”. E ancora: “Si sono perse le tracce del protagonismo della società civile”. Conficca poi il coltello nella piaga: “Sono convinto che ora siamo in una fase statica della vita della nostra città”. L’affondo finale: “L’arretramento culturale non è una prerogativa della sola classe politica, ma è un dato comune alle professioni, ai ruoli gestionali della pubblica amministrazione, all’insieme della classe dirigente che sta pagando oggi lo scotto dello spaventoso abbassamento della qualità della formazione dagli anni ottanta in poi”.
Ciò, però, non vuole dire rassegnazione. E Gravagnuolo lo spiega in modo semplice e chiaro: “Ciò non vuol dire andarsene al mare o per monti. C’è lo spazio per organizzare occasioni di confronto sul nostro futuro e sul nostro presente”.
E’ quello che come cavesi siamo chiamati a fare. Senza farsi soverchie illusioni, ma con coraggio e determinazione.
L’intervista di Gravagnuolo offre lo spunto anche per una rilettura di alcune vicende che hanno profondamente segnato la vita cittadina e la sua storia di sindaco. Mi riferisco alle tormentate vicissitudini del nostro ospedale, del Put (il Piano Urbanistico Territoriale) e dell’abusivismo edilizio sul territorio cavese, del tentativo di rigenerazione urbana e dell’antica sede della Manifattura Tabacchi a viale Crispi. Non meno interessanti le sue considerazioni sulla scuola, la formazione della classe dirigente, la realtà dei social.
Ad ogni modo, le ricostruzioni di cronaca politica cittadina fatte da Gravagnuolo, e in generale le sue complessive valutazioni, sono molto interessanti e di sicuro non mancheranno di suscitare qualche polemica.
Ciò, però, è normale, anzi, auspicabile. La nostra città ha bisogno di tornare a discutere, di confrontarsi, anche con toni robusti e contrapposizioni dialettiche forti. Tutto ciò ben venga, fuorché l’anemico ed esiziale torpore e il cinereo colore di oggi. E Luigi Gravagnuolo, per carattere e cultura, è di sicuro tra quelli che possono contribuire ad accendere il sano, auspicabile dibattito politico nella città dei portici e dell’inciucio.