La trappola dei social: il sindaco Servalli dà del coglione ad un cittadino!
Una premessa è d’obbligo. I social, canali utilissimi di comunicazione che hanno indubbiamente rivoluzionato, anzi stravolto la nostra vita, spesso si trasformano in uno sfogatoio, una valvola da dove viene fuori il peggio della umana miseria: dall’invidia alla perfidia, dal malanimo alle canagliate. Insomma, è pacifico che i social sono formidabili strumenti di democrazia, capaci di dare a tutti la possibilità di dire la propria. Con tutti i rischi che ne conseguono, ovviamente. Per queste ragioni in particolare, i social vanno utilizzati con molta prudenza e la dovuta accortezza, a maggior ragione da parte di chi rappresenta le pubbliche istituzioni, per non rischiare di cadere in un vortice di contumelie e di volgarità.
Detto ciò, veniamo al fatto. Nella serata di ieri, uno dei collaboratori del nostro giornale mi ha segnalato un post, anzi, per la precisione uno scambio di battute, diciamo eufemisticamente molto vivace, tra il sindaco Servalli e un cittadino metelliano. Sul profilo Facebook “Servalli sindaco”, di fatto impropriamente utilizzato come canale ufficiale del Comune metelliano, a margine di un video di un’intervista al Sindaco, un cittadino aveva postato un commento particolarmente acido.
“Il nostro sindaco -commentava M.I.- è uscito dal letargo e vorrebbe assicurarsi altri 4 anni di lavoro… altrimenti dovrebbe inventarsi un lavoro e a una certa età non è facile… chiedo ha fatto abbastanza per la comunità per meritarsi la fiducia e stipendio..?? fermo restando le indagine in corso della DDA”.
Commento in parte legittimo, per carità, ma indubbiamente pesante, cattivo e anche offensivo oltre che infondato nella parte in cui si ipotizza la circostanza di un Servalli che dovrebbe trovarsi un lavoro, visto che il primo cittadino metelliano una professione, quella di assicuratore, ce l’ha e pure da un bel po’ di anni.
Era lecito, quindi, aspettarsi una reazione dura e puntuale, magari anche piccata del sindaco Servalli. E così è stato, anzi, il Sindaco è andato oltre, si è fatto prendere la mano, precipitando in quel vortice di contumelie e di volgarità di cui parlavamo prima.
“M. I. -rispondeva Servalli- questo commento dimostra il livello intellettivo che la distingue”. E fin qui, volendo essere di manica larga, si potrebbe pure soprassedere.
“La classica testimonianza -continuava Servalli- della famosa frase di Umberto Eco relativa al fatto che i social hanno dato parola agli imbecilli”. E anche qui siamo alla citazione scontata ma appropriata, forse eccessiva nella sua costruzione, ma tutto sommato abbastanza accettabile.
“Dopo più di venti anni di lavoro e sacrifici -concludeva il Sindaco- devo sentire queste cose da un coglione come lei”. Il risentimento di Servalli è comprensibile, diciamoci la verità: ha tutte le ragioni del mondo. Peccato, però, essere caduto nella trappola dei social: può essere giustificato un Sindaco che si rivolge in questo modo, dando del coglione ad un cittadino, un suo cittadino?
Noi riteniamo di no. E per diversi motivi. In effetti, il cittadino in questione potrà aver sbagliato, e la cosa sembra abbastanza evidente, e può anche per davvero essere un coglione così come l’ha apostrofato Servalli, ma il rappresentante di un’istituzione pubblica, anzi, il capo di quello che è l’ente esponenziale di una comunità, può utilizzare un simile linguaggio nei confronti di un cittadino? Non poteva forse essere ancora più efficace e sferzante senza questa rovinosa caduta di stile? Quale esempio dà agli altri membri di quella comunità da lui guidata? E’ forse questa una testimonianza di civiltà? Una modalità da portare a modello per i tanti giovani della comunità cavese? Non è questo un modo per svilire ancora di più le istituzioni? E di contribuire così alla barbarie dell’attuale stagione politica che ogni giorno avanza inesorabilmente?
Se alla trivialità, alla villania, alla violenza verbale del privato cittadino, i rappresentanti delle istituzioni rispondono con lo stesso tono e modalità, allora non c’è speranza alcuna di costruire un mondo migliore, fondato sulla civiltà, sulla tolleranza e i buoni sentimenti. Un mondo migliore che ha bisogno di testimonianze, comportamenti, esempi e valori positivi per affermarsi e contrastare il male che è in noi e tra noi.
A queste considerazioni, tuttavia, vanno doverosamente aggiunte delle altre. Chi scrive ha sempre ritenuto e, nonostante quest’ultimo, ennesimo brutto episodio social, pervicacemente ancora ritiene che Vincenzo Servalli sia una persona perbene, equilibrata, sinceramente rispettosa del prossimo e convinto democratico, ma anche sufficientemente esperto di comunicazione e consapevole dei rischi di un uso improvvido dei social.
Dico questo non solo per una conoscenza abbastanza consolidata nel tempo del sindaco Servalli, ma anche perché in più di un’occasione ho avuto modo di apprezzare queste sue qualità, sebbene non condivida del tutto il suo operato e per questo lesinare i giudizi critici. Nello specifico, di recente Servalli ha dimostrato una certa conoscenza e sensibilità sul tema della comunicazione. Ho potuto verificarlo di persona sia nel suo intervento in occasione della presentazione lo scorso dicembre di una mia pubblicazione proprio sulla comunicazione istituzionale, sia lo scorso aprile quando abbiamo presentato un libro sul fenomenale utilizzo dei social da parte di Matteo Salvini. Nel corso di quest’ultimo evento, il nostro primo cittadino si segnalò per un’introduzione assai equilibrata sul piano politico e puntuale su quello della comunicazione.
Non a caso, poco più di un mese fa, nel corso di un’intervista rilasciata al nostro giornale, gli facemmo notare che c’era uno stridente contrasto tra il Servalli uomo e sindaco che conoscevamo e quello che scriveva sui social. Servalli confermò che, a volte, qualche suo collaboratore, che cura i post sui social, era andato un po’ oltre e di questo si scusava.
Non abbiamo motivo per dubitare che ciò sia accaduto ancora una volta. Ci pare, però, che in questa occasione si è andati troppo oltre, si sia cioè superato il limite del decoro e buongusto. Il sindaco Servalli ora non può più limitarsi a scusarsi. E’ il caso che licenzi questo suo collaboratore e se ne trovi un altro, un po’ più equilibrato, meno avventato, un po’ più forbito, ma di sicuro meno plebeo e scurrile. In una parola, più professionale. Uno, cioè, che sappia davvero gestire i social, in particolare, i profili social istituzionali. Adeguatamente formato e quindi idoneo nell’applicare con diligenza e perizia la netiquette e, con le opportune tecniche, capace di saper far abbassare i toni, ovvero moderare gli interlocutori social più aggressivi e non, come accaduto, contribuire ad alzarli.
Insomma, vorremmo un Servalli meno Mister Hyde sui social. Sarebbe un bene soprattutto per lui, per la sua credibilità di uomo, politico ed amministratore. Sarebbe un bene, però, anche per l’immagine dell’istituzione Comune.
E scusate se è poco!