Martedì scorso è stato presentato alla città di Cava de’ Tirreni il Puc ri-adottato dalla Giunta Comunale, a dieci anni esatti dalla sua prima adozione nel novembre del 2009. Ci sarebbe da rallegrarsene, non fosse che per l’amarezza per i dieci anni persi grazie al nefasto ‘vento del cambiamento’ che devastò la valle metelliana nel 2010. Ma tant’è, acqua passata.
Finalmente ora si avvia a conclusione l’iter che porterà la città a disporre di uno strumento urbanistico ancora oggi innovativo – figuriamoci quanto lo era nel 2009! – che, pur nei vincoli per ora insormontabili del Put e del Ptcp, disegna una gran bella Cava. Una città funzionale, ecologica, identitaria, produttiva, ospitale, cerniera tra Agro, Irno, Costiera e Salerno.
L’obiettivo sarà perseguito focalizzandosi su tre progetti guida, ricavati dalla geo-storia della valle: le identità frazionali; il fondo valle con le sue infrastrutture direzionali materiali ed immateriali; ed un nuovo ambito che si addenserà intorno all’anulare di medio livello collinare, dove si punterà a localizzare gli interventi più rilevanti di trasformazione urbana.
Per evidenti ragioni di spazio non mi soffermo sugli aspetti più tecnici, che sono poi anche quelli più coinvolgenti degli interessi concreti della città, quali il dimensionamento abitativo, le superfici disponibili per lo sviluppo del terziario, la dotazione degli standard e la perequazione urbanistica. Mi limito a poche osservazioni sul disegno strategico: esattamente quello definito durante la mia amministrazione tra il 2007 ed il 2009.
Certo, non è proprio la stessa cosa, ci sono gli ovvi adeguamenti alle sopravvenute norme nazionali e regionali e qualche nuova intuizione, ma nella sostanza il Puc è quello.
Quanto alle nuove intuizioni, mi riferisco in particolare ad obiettivi puntuali, per taluni dei quali peraltro ho personalmente delle perplessità. Penso all’idea, di cui non capisco fino in fondo la motivazione, di delocalizzare il Simonetta Lamberti alla Starza, ai confini con Nocera Superiore. Vero che così si libererebbe in area urbanizzata suolo da potersi destinare a standard, ma è un’opera costosa, che peraltro toglie ai Cavesi che risiedono in centro il vantaggio di poter andare a piedi a vedere le partite. Comunque sia non vale la pena di perderci troppo tempo, per lo meno da parte mia; mi pare una cosa che chissà, forse, la vedranno i miei pronipoti.
Riguardo ai contenitori dismessi, il nuovo Puc rimarca con enfasi che l’area ex Manifatture di viale Crispi sarà ad esclusiva destinazione pubblica. Nessuna obiezione al riguardo; ma quei manufatti sono di proprietà pubblica o della Maccaferri? La relativa vertenza giudiziaria ancora non si è conclusa. E se il giudice non riconoscerà la titolarità immobiliare al Comune, chi darà all’Ente i soldi per la necessaria espropriazione, ineludibile se si vorrà tenere fede al progetto pubblicistico? Sarei stato più prudente, quanto meno in attesa della sentenza del tribunale.
Chiudo questa sommaria riflessione complimentandomi con i progettisti e con l’amministrazione per la loro nuova, vera grande intuizione: i piani operativi tri e/o quinquennali, i primi dei quali da approvarsi contestualmente al Puc. Già da subito, chi fosse interessato ad investire in progetti puntuali in coerenza con le linee guida del Puc, può scaricare dal sito del Comune la scheda per la presentazione del progetto, compilarla e protocollarla. È un’opportunità davvero rilevante, atta a mobilitare risorse finanziarie, imprenditoriali e professionali. Insomma, un po’ di ossigeno per l’asfittica economia locale.
Resta in prospettiva una minaccia: la consigliatura attuale terminerà esattamente tra un anno; se il Puc non sarà stato approvato in via definitiva nei prossimi dieci mesi, toccherà portarlo a termine alla futura amministrazione. E se arrivasse una nuova bufera del cambiamento? Che Dio salvi quanto meno il Puc!