Cava, occhi puntati sul palazzo del potere e su chi vuole conquistarlo
Sembra abbastanza sonnacchioso questo inizio della campagna delle elezioni amministrative locali, e se non fosse per Ulisse che mantiene la città informata, probabilmente nessuno direbbe e saprebbe niente.
Diciamoci la verità, più che sonnacchiosa, questo inizio di campagna elettorale per il rinnovo dell’amministrazione cittadina sembra del tutto assente, come se non interessasse a nessuno.
L’unico spiraglio in questo ferragostano silenzio sono le numerose interviste che questo giornale ha pubblicato nei giorni scorsi, non solo rilasciate dai candidati alla carica di primo cittadino, che al momento sono sette, ma anche da qualcuno che aspira ad essere eletto al parlamentino cittadino.
Iniziamo dal Sindaco uscente, Vincenzo Servalli, sul quale non è necessario fare commenti; per cinque anni ha amministrato la città riparando i danni lasciati in precedenza, ha completato lavori importanti, anche se parziali, iniziati decenni prima, non sempre è stato all’altezza della situazioni emergenziali, è stato sordo a suggerimenti e consigli che certamente avrebbero reso la sua amministrazione più effervescente.
C’è chi lo accusa di aver gestito solo l’ordinario senza una visione di lungo respiro che potesse avviare Cava verso una prospettiva di sviluppo concreto e sostenibile e senza idee concrete che potessero restituire alla città il prestigio di un tempo che oramai è solo un lontano ricordo nel quale tanti vivono senza essersi resi conto che la società si evolve a ritmi sempre più frenetici che mal si conciliano con le lentezze che soffre Cava e tutto il paese.
Ma ora, dopo l’emergenza dovuta al Coronavirus, le urgenze sono date dal rilancio dell’economia, dall’aiuto alle classi deboli, dall’assistenza delle fasce di povertà emerse, e in merito non sembra di aver letto molto nei vari programmi.
Mi ha lasciato sorpresa una sua dichiarazione: “Cava è una grande famiglia e non dobbiamo mai perdere questa caratteristica” ha detto Servalli; certamente ha voluto lanciare un messaggio, mi auguro che non rimanga deluso dai risultato elettorale.
E passiamo agli altri candidati.
Il giovanissimo Davide Trezza, dell’ultrasinistra, candidato con la lista “Potere al Popolo”, è un musicista che oltre ad avere aspirazioni artistiche non sembra esprimere altro.
La destra unita punta su Marcello Murolo, avvocato giuslavorista che ha avuto il battesimo del fuoco nella precedente amministrazione del Sindaco Marco Galdi; è un professionista conosciuto e stimato il quale, però, potrebbe essere seriamente danneggiato anche dall’appoggio della Lega di Salvini.
Altro contendente è Enrico Bastolla, che alla elezione di Servalli fu chiamato a collaborare come assessore, alle Attività produttive, ai Lavori pubblici e alle Politiche sociali, entrando poi in rotta di collisione con il Sindaco per presunte ingerenze e lo accusò di condizionare le attività dei collaboratori. Da allora Bastolla ha fatto una opposizione intransigente, e ora si è candidato con liste civiche.
Per il MoVimento 5 Stelle (non si comprende la V maiuscola in terza posizione) si è candidato Giuseppe Benevento, 58.enne laureato in ingegneria civile e impegnato per la difesa del suolo e la pianificazione territoriale.
E’ un nome nuovo della politica cavese, semisconosciuto se non agli addetti ai lavori. Sembra che si sia trovato catapultato in queste elezioni che evidentemente affronta senza molte aspettative e, sembra, senza grande entusiasmo, anche perché ha alle spalle un partito che negli ultimi cinque anni oltre a fare comunicati stampa e proclami, ha concluso ben poco.
I pochi manifesti affissi in giro hanno richiamato la mia attenzione: fondo giallo di varie tonalità, foto del candidato colore grigio sulla tonalità di giallo più forte, per cui non si riesce nemmeno a individuare il viso; un marchiano errore di grafica che ha dato l’impressione che probabilmente a questa candidatura non creda nemmeno lui; d’altronde egli stesso, ad una precisa domanda dell’intervistatore sul motivo della sua candidatura, ha candidamente risposto “Ancora non lo so”!
C’è, come penultimo candidato, Umberto Ferrigno, sociologo del territorio e scienze politiche, docente in Istituti tecnici e professionali a indirizzo turistico-alberghiero, che si presenta con la lista civica “Identità e Tradizione”.
E mi fermo qui, senza riportare le interviste dei vari candidati Consiglieri per non tediare i lettori.
Ma prima di passare al settimo candidato desidero fare una riflessione sui programmi dei sei candidati che competono con Servalli per la massima carica.
Una cortina fumogena che sembra concordata tra tutti loro, un appiattimento su argomenti oramai a tutti noti, che tutti mettono sul tappeto, ma nessuno propone una soluzione, un modello che possa convincere l’elettore a fare una scelta ponderata non dalla conoscenza personale, o da ingerenze familiari o amicali, o da altre motivazioni sulle quali è preferibile sorvolare.
In sostanza, leggendo le interviste, votare per uno dei cinque sembra indifferente, e questo è un cattivo segnale in quanto fa comprendere che nessuno di essi ha la caratura di un “leader” carismatico al quale affidare la città per la prossima consiliatura e magari quella successiva.
E mi chiedo come possa questa città sperare in una vera ripresa se questi sono i presupposti.
E andiamo ad esaminare la settima candidatura, quella di Luigi Petrone, la cui discesa in campo è stata apprezzata persino dal Sindaco uscente Servalli, che ha fatto così un’ottima mossa, pure se un suo ex fan, il Prof. Lamberti, non crede che Padre Gigino possa avere un buon successo.
Padre Gigino è l’unico ad aver espresso un concetto chiaro fondato sulla sua fede e sulla esperienza francescana che lo ha tenuto per oltre vent’anni sulla cresta dell’onda.
Infatti, come ho già avuto occasione di evidenziare, cacciato dalla comunità francescana e relegato al punto da venirgli impedito anche la celebrazione della Santa Messa fuori del suo convento, costretto a rinunciare ai voti, il 22 luglio scorso ha dichiarato “si apre la mia candidatura per rendere un servizio alla mia cara e amata città di Cava de’ Tirreni. Resto fedele nel mio animo all’amore a Dio alla Vergine ma con un apertura a 360 gradi nel servizio libero gratuito disinteressato e senza compromessi al prossimo. E’ più facile amare le persone che vedi che Dio che non vedi, e se l’uomo e immagine di Dio, allora nel momento che rendo il mio impegno alla collettività continuo a operare per Lui”.
Concetto di una semplicità eccezionale e anche di facile comprensione per chi è disponibile ad ascoltare con cuore aperto.
E ha continuato: “Non voglio né guerre, né divisioni, né odi, né rancori; se sarò all’opposizione sarò al vostro fianco per darvi una mano; se sarò umilmente primo cittadino voi non eletti dovrete stare al mio fianco”.
“Perdono chi mi ha fatto del male e ha voluto che andassi via da Cava; il vero cavese se ci crede consuma la sua vita per la sua città”.
Qualcuno ha sostenuto che una cosa è fare il Padre guardiano di un convento, altra cosa è fare il Sindaco di una città, grande e complessa come la nostra.
Un ragionamento sensato, ma chi lo fa dimentica che Padre Gigino non è il politico che vive di politica, ed ha già dimostrato, in oltre un ventennio, cosa sia stata in grado di fare, con la ricostruzione della Basilica e del Convento, con la promozione del turismo religioso non proveniente solo dalla Campania, e con tante iniziative che hanno richiamato migliaia di cittadini, e non per la movida fracassona che stiamo subendo negli ultimi anni, e che va a beneficio solo di alcune categorie economiche.
Qualcuno certamente mi accuserà di essere un fan di Padre Gigino: voglio correre il rischio, ricordando però che solo chi sa apprezzare le qualità e i meriti delle persone è uno spirito libero, e che negli anni scorsi spesso sono stato molto critico e duro con il Frate, criticandolo quando sbagliava, ma pure elogiandolo per le cose positive.
In conclusione, le candidature certamente forti nella prossima competizione sono, a mio modesto avviso, quella dell’uscente Sindaco Servalli, quella di Padre Gigino e, forse, quella di Marcello Murolo.
Con il dovuto rispetto, ma “tutto il resto è noia”, come cantava Franco Califano.