Cava, domani si vota: per gli elettori non sarà una scelta facile
Ieri sera si è conclusa la campagna elettorale. La più insolita, in assoluto. Per il covid. Per il periodo estivo. Nella nostra città, poi, anche per un candidato particolare, come un frate francescano non si quanto del tutto ex, candidato a sindaco. Al quale, indubbiamente, va riconosciuto il merito, a prescindere dai contenuti espressi e dall’esito delle urne, di aver vivacizzato una campagna elettorale che si preannunciava grigia e scontata.
C’è da dire che ieri sera il centro storico ha vissuto una serata di festa fuori programma. Tutti i candidati sindaci si sono dati appuntamenti tra piazza Amabile e la piazzetta del Purgatorio passando per piazza Duomo. Insomma, al posto delle bancarelle della festa della Madonna dell’Olmo, quest’anno vietate per il coronavirus, ci sono stati i candidati sindaci che “vendevano” il loro prodotto. Il clima di festa c’è stato e qualche comizio di chiusura, in verità, si è pure rivelato quasi un varietà di avanspettacolo.
Inutile scandalizzarsi, comunque. La politica di oggi è questa. E i comizi sono degli show o quantomeno i politici mutuano tecniche e comportamenti proprio degli uomini dello spettacolo. Un tempo, ormai lontano, i politici pronunciavano i loro discorsi, quasi sempre ricchi di contenuti e ragionamenti, sistemandosi rigorosamente su un podio. E da lì non si muovevano.
Altri tempi, che appartengono ormai solo al ricordo dei matusalemme, come chi scrive.
Ad ogni modo, come segnalavamo prima, ieri sera c’era un clima di festa. Come quello che si viveva una volta, con i paesani, tra cui chi scrive, che scendevano a valle dalle frazioni per festeggiare la Patrona della Città. In fondo, con tutti questi candidati a consigliere comunale, molti dei quali per la prima volta si sentono pure loro protagonisti della vita della piazza, l’aria non poteva essere che quella del dì di festa di leopardiana memoria.
D’altra parte, se sono discutibili sia il numero che la qualità di tanti candidati, è pur vero che ciò rappresenta la ricchezza della democrazia. Ciò, però, indubbiamente ne rappresenta anche il suo limite, la sua debolezza.
Non a caso, un mese fa, uno storico e intellettuale di prim’ordine, come Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere della Sera scriveva “dell’assoluta necessità che per fare politica si sia in possesso di qualche non indegna scolarizzazione, di qualche lettura e di qualche idea non presa in prestito dagli album di Topolino”.
Gli si può dare torto?
Toccherà domani e dopodomani agli elettori cavesi compiere allora un’adeguata e non facile cernita. L’impresa è titanica. Complicata. Diciamo pure praticamente impossibile, o quasi. Al riguardo, nello stesso editoriale Galli della Loggia, denunciando l’incapacità di scrematura del personale politico da parte dei partiti, segnalava “l’alta problematicità che la società italiana lasciata a se stessa e libera di esprimersi riesca a selezionare una classe politica presentabile e all’altezza del proprio compito”.
Insomma, che Dio ce la mandi buona.
Detto ciò, anche il numero abbastanza rilevante dei candidati a sindaco della nostra città non è che abbia fatto emergere un’idea forte oltre che credibile per il governo municipale. Non si è visto venir fuori un valido progetto organico per lo sviluppo della città. Ci sono idee sparse, qualche intuizione qua e là, ma non si è intravisto nulla di ampio respiro.
Colpa dei candidati a sindaco? In tutta onestà no, anzi, molti di loro sul tema hanno fatto il possibile. Qualcuno c’è riuscito meglio, qualche altro un po’ meno. Tutti però si sono sforzati di delineare un programma accettabile, un disegno di crescita da condividere.
Il vero problema di fondo, purtroppo, è che a mancare sono la politica e i contenitori-partiti di oggi. A Cava come, ovviamente, nel resto del Paese. C’è scarso se non risulta addirittura assente un confronto sia tra i partiti che all’interno di ciascuno di loro. Peggio ancora non esiste, ormai da oltre un decennio, un confronto sistematico, profondo e continuo con la città, con le sue diverse realtà, i suoi vari segmenti sociali.
Ci si attrezza così solo negli ultimi mesi che precedono gli appuntamenti elettorali, in particolare, quello per le comunali. Si gioca a risiko per scegliere il candidato sindaco. Poi, ad una sorta di asso pigliatutto per trovare quanti più candidati a consigliere comunale nell’intento di racimolare più voti possibili. Chiuse le urne e smontate le cabine elettorali, tutto torna nel dimenticatoio. Nessuna iniziativa politica sul territorio e benché mai costante nel tempo. Un comunicato o magari un manifesto ogni tanto. Qualche polemica di scarso rilievo, tanto per segnare la presenza. Qualche post sui social o una dichiarazione sui giornali o in tv.
Questa è la politica cittadina per cinque anni. Difficile poi che possa lievitare un’idea forte, un progetto di città, un disegno di sviluppo del territorio, da sottoporre ai cittadini alle successive elezioni.
In conclusione, con queste consapevolezze, tanto amare quanto realistiche, andiamo a votare. Senza illuderci più di tanto, ma cercando di compiere le nostre scelte, tutte legittime e valide, nel migliore dei modi possibili, con onestà di intenti e cuore sincero. E, chi è nelle condizioni di poterlo fare, magari ricordare l’ammonimento di Giove nei versi dell’Odissea di Omero: “Incolperà l’uom dunque sempre gli dei? Quando a se stesso i mali fabbrica, dei suoi mali a noi dà carico e la stoltezza sua chiama destino”.