Cava de’ Tirreni, un appello da raccogliere quello di Flora Calvanese alla società civile
L'invito alla società civile da parte di Flora Calvanese è forte e chiaro. E' inequivocabile. D'altro canto, a nostro avviso, se la politica attuale ha i suoi limiti e le sue colpe, viene da chiedersi la società civile metelliana finora dov'è stata?
Può piacere o no, ma è indubbio che Flora Calvanese può vantare un’esperienza politica di prestigio e qualità che forse soltanto in pochissimi possono pensare di avere nella nostra città. E quello che dichiara nell’intervista pubblicata oggi dal nostro giornale clicca qui per leggere, potrà piacere o meno, ma tuttavia offre moltissimi spunti di riflessione degni di essere adeguatamente approfonditi.
Ci soffermiamo, visto che è troppo il materiale da tenere in considerazione, solo su alcuni passaggi che, a nostro avviso, riteniamo più utili da analizzare.
In tutta onestà, pensiamo che Flora Calvanese nell’intervista abbia, con una grande capacità di sintesi e chiarezza, delineato buona parte dei punti programmatici validi per qualsiasi futura amministrazione comunale.
Quali? Ad esempio quando afferma che occorre salvaguardare le attività produttive che sono rimaste sul territorio, lavorare per la difesa del territorio e del paesaggio, dei monumenti. «Insomma -sintetizza la Calvanese- della bellezza della città. Poi imparare a lavorare di squadra con le altre realtà limitrofe. Il futuro è cultura, turismo, innovazione, artigianato di qualità, ristorazione… e ragionare sempre in termini di aree vaste»
Il ragionamento di Flora non fa una grinza e lo condividiamo in larga misura.
«Se aumentano le presenze in città per turismo o eventi culturali -spiega Flora Calvanese- ne trarranno beneficio sia il commercio che la ristorazione. Possiamo diventare un hub culturale con eventi, mostre, spettacoli capaci di attirare visitatori. Abbiamo anche spazi idonei per fare cultura in grande stile. Ma dobbiamo cominciare a pensare in grande. Non possiamo permetterci di tenere chiusi spazi come la Mediateca, villa Rende, o sottoutilizzati come San Giovanni, o inutilizzato il teatro comunale”».
C’è, però, un altro passaggio che sposiamo in pieno. E’ quello in cui risponde alla domanda sul ruolo che deve giocare la società civile nel rilancio della città.
E’ chiaro ed esplicito il suo invito a «scendere in campo, di non delegare, di sporcarsi le mani per difendere la propria città».
Le sue argomentazioni non fanno una piega. Una è relativa alla funzione fondamentale che ha la società civile in ragione del fatto che il governo della cosa pubblica «troppo spesso sta diventando terreno di improvvisazione o, peggio, di opportunismo».
O quando sostiene che «la società civile fa la differenza anche quando si batte per obiettivi di tutela dei beni comuni, senza ambizioni elettorali, ma solo per civismo».
«Lo scopo -prosegue- è quello di non tacere, non subire, non accettare scelte sbagliate, ma battersi per il bene comune».
In conclusione, l’invito alla società civile da parte di Flora Calvanese è forte e chiaro. E’ inequivocabile.
D’altro canto, a nostro avviso, se la politica attuale ha i suoi limiti e le sue colpe, viene da chiedersi la società civile metelliana finora dov’è stata? Tolti in pochi, dal CoBeCo alle manifestazioni per l’ospedale e a poche altre voci, non è che nella nostra città si è visto molto.
Insomma, ci sembra che sia troppo comodo limitarsi a dare legittimamente addosso sui social o a criticare sotto i portici chi ci governa e chi sta all’opposizione in Consiglio comunale.
Oltre a questo, cosa ha espresso in termini politici la città in questi ultimi anni? Dov’è stato il grosso della società civile cavese? Negli studi professionali? Magari negli incontri pubblici autoreferenziali? O in quei bei simposi per discutere sul sesso degli angeli? Per poi auto-assolversi in quelle moderne iniziative di solidarietà che un tempo andavano catalogate come caritatevoli?
Diciamoci la verità: la stragrande maggioranza dei cavesi, e parliamo della classe dirigente, ha preferito non sporcarsi le mani, di guardare al proprio orticello piuttosto che agli interessi complessivi della comunità.
Ora non è più il tempo di stare alla finestra a guardare. La città ha bisogno di tutte le sue migliori risorse umane e professionali per risorgere, per avere un rilancio.
Inutile piangere sul latte versato, però. Guardiamo al futuro, industriamoci in cosa possiamo renderci utile per la città.
In altre parole, l’appello di Flora Calvanese va raccolto. Anzi, è il caso di attivarsi al più presto per trasformare le sterili lamentazioni in proposta politica.
Nell’ottica, però, di accostarsi alla politica e al governo della res publica per dare e non per avere.
Parafrasando John Fitzgerald Kennedy, potremmo dire «Non chiederti cosa la tua città può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per la tua città».