Verso il voto, Letta “serenamente” riconosce la Destra
Verso il voto, Letta “serenamente” riconosce la Destra
“Anche se vince la destra il nostro sistema regge e reggerà”.
Sono parole del Segretario del PD, Enrico Letta. In esse più che un leale riconoscimento per i consensi riscossi da Giorgia Meloni, da lui già indicata come un rischio per la democrazia, si leggono rassegnazione e, nel contempo, stizza nei confronti di coloro che sarebbero dovuto essere suoi sodali in quel “campo largo” mai nato che avrebbe dovuto dare vita ad una sorta di nuovo bipolarismo.
Ne auspicava un fronte a sua immagine e somiglianza come argine ad avventure fascistoidi, ma è finito nel magazzino delle boutade da campagna elettorale. Tra queste anche la specifica richiesta rivolta a Giorgia Meloni di cancellare dal simbolo di FdI richiami mussoliniani come la “fiamma tricolore”, che adesso non fa più coro nelle vulgate mainstream dopo che lo storico Adalberto Baldoni ne ha ricostruito la nascita nel 1947 ad opera del disegnatore Emilio Maria Avitabile, la cui ispirazione non poteva avere come fonte la tomba di Benito Mussolini a Predappio realizzata nel 1957.
Ritornando all’attualità, alle citate parole pronunziare da Letta fanno seguito: a) un suo appello al “voto utile” da dare al PD piuttosto che al M5S, guidato da Giuseppe Conte, ed a “Azione” del duo Calenda/Renzi; b) la contestazione del sistema elettorale del cosiddetto “Rosatellum” al cui meccanismo attribuisce la “colpa” della conquista del 70% dei seggi da parte del centrodestra con il minimo sforzo di consensi pari al 40%.
Si comprendono le recriminazioni per le alleanze auspicate e non realizzate e per le storture di una legge elettorale targata PD che, per ironia della sorte, nel 2018 ha consentito ad un movimento naïf, M5S, di conseguire la maggioranza relativa in Parlamento e che, ora, fa preannunciare maggioranze più robuste per il centrodestra.
Come azionista di riferimento politico dei Governi Conte 2 e Draghi, il Segretario del PD ne poteva promuovere il cambiamento in senso proporzionale e coerente con la riduzione dei membri del Parlamento, piuttosto che attardarsi su cannabis ed altre iniziative poco avvertite dal tradizionale elettorato dell’area politica e sociale della sinistra cosiddetta progressista.
A voler dare credito al vecchio detto secondo il quale si raccoglie per quel che si semina o si cura, la risposta appare “serenamente” eloquente in base all’ultimo sondaggio, prima del silenzio demoscopico, rilevato da Nando Pangrontelli.
Resi sul Corriere della Sera, i cambiamenti rispetto a fine giugno danno in crescita FdI (25,1%/ + 5,1), M5S (14,5%/ + 1,1) ed il terzo polo costituito da Azione/Italia Viva (6,7%/ + 1,7), in calo PD (20,5%/ – 2,5) e Lega (12,5%/ – 0,9) e stazionaria FI (8 %). Tra le altre forze superano la soglia di sbarramento del 3% solamente Verdi, Sinistra, Reti Civiche ed Italexit.
Vale per tutti l’ammonimento dell’odierno proverbio del calendario napoletano: “Chi male se guverna doppo se ne pente”. Di più per chi ha governato il PD.